Tra le organizzatrici del corteo, Arcidonna ribadisce con forza la sua estraneità agli episodi violenti in una lettera al Riformista. L'associazione, inoltre, punta il dito sull'urgenza di approvare in tempi brevi la legge sulla violenza di genere. La presidente Ajovalasit: "Abbiamo scelto la piazza come luogo di partecipazione, non come campo da dividere in trincee."
Gentile direttore,
ho letto con molto piacere il suo fondo “Ma il vento dell’antipolitica
non c’entra nulla”. In effetti, i soloni che, parlando del corteo
del 24 novembre, hanno fatto riferimento ai furori dell’antipolitica,
hanno solamente – e inutilmente - aggiunto altra carne sul fuoco delle
sterili polemiche. Non ci sarebbe voluto molto, da giornalisti e commentatori
esperti, stigmatizzare subito quanto accaduto nel corso della manifestazione
(i fischi alle ministre Turco e Pollastrini, la “cacciata” della
Prestigiacomo e di alcuni uomini) come un episodio marginale. Non occorrono
certo profluvi di parole, litri d’inchiostro e argomentazioni arzigogolate
per capire e far capire che buttare fuori dal corteo gli indesiderati non è
una critica, ma un tentativo maldestro di mettersi in mostra. Chi non l’ha
compreso, ha fatto sicuramente un grande favore ad interessi di parte, quando
sul piatto della democrazia c’era una problematica universale come la
violenza sulle donne.
A Roma, sabato scorso, hanno sfilato 150 mila persone,
tra uomini e donne, studentesse e studenti, centinaia di associazioni e centri
antiviolenza. Non c’erano bandiere né simboli di partiti,
come lei puntualmente ha notato. C’erano frange
di separatiste, è vero, ma c’era anche e soprattutto tanto altro.
C’era un grande movimento civile animato da un unico obiettivo: quello
di dire un “no” categorico alla violenza sulle donne e di chiedere
a gran voce al parlamento di approvare immediatamente una legge per contrastare
questo drammatico fenomeno. E’ stato un corteo “contro” la
violenza, insomma, macchiato purtroppo dalle violente proteste di poche e dalla
cassa di risonanza mediatica che è stata loro concessa.
Per questo, noi di Arcidonna, come del resto la stragrande
maggioranza delle organizzatrici della manifestazione, siamo oggi furibonde
nel vedere le nostre battaglie, le battaglie di una vita, trasformate in chiacchiericci
da cortile. Viviamo in un paese in cui oltre 14 milioni di donne sono state
oggetto di violenza fisica, sessuale e psicologica nella loro vita. Oltre il
94 per cento di queste violenze non sono mai state denunciate e solo l’1
per cento punito.
E’ della drammaticità di questi dati che avremmo voluto parlare
nel giorno della manifestazione e nei giorni successivi. Ci ritroviamo, invece,
a dover ribadire ancora una volta la nostra distanza da chi ai processi della
democrazia preferisce perseguire la politica del “no a tutto e a tutti”.
Un atteggiamento quanto più lontano dalla nostra storia, segnata all’opposto
dal costante impegno verso una maggiore efficacia della legislazione vigente
da ottenere attraverso il dialogo con le istituzioni, la scuola, la società.
Non a caso, sabato scorso, insieme alle altre realtà associative del
coordinamento controviolenzadonne.org, abbiamo scelto la piazza come luogo di
partecipazione, non certo come campo da dividere con trincee. Abbiamo
chiesto e continuiamo a chiedere che il parlamento metta subito all’ordine
del giorno il disegno di legge contro la violenza sessuale, che prevede un’opera
di prevenzione e anche un inasprimento delle pene per chi commette tali reati.
Un provvedimento che continua inspiegabilmente a rimanere fermo alla Camera
e che dimostra l’incapacità di questo paese di decidere e di contrastare
fenomeni drammatici come quello della violenza, a differenza di quanto avviene
in Spagna, dove una legge di questo tipo è stata varata in tempi rapidi.
Inoltre, nel famoso “pacchetto sicurezza” presentato recentemente
dal governo è stato introdotto il reato di stalking, termine che racchiude
tutte quelle violenze psicologiche che sono poi alla base dei crimini più
efferati. L’approvazione di queste nuove norme è per noi di fondamentale
importanza. Perché se solo una violenza su 100 viene punita, è
perché il nostro ordinamento non dà alla magistratura e alle forze
dell’ordine gli strumenti adeguati per punire i colpevoli.
Di tutto ciò avremmo voluto che la stampa parlasse. Lo ha fatto, è
vero, ma spesso solo come articolo di spalla alla notizia del giorno: le sterili
e inutili contestazioni di poche manifestanti, alle quali ribadiamo la nostra
condanna.
27 novembre 2007
|