Aumentano le nascite, ma sono i figli del precariato |
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Strette fra due fuochi (le incerte condizioni economiche da un lato, la menopausa incombente dall'altro), le donne italiane scelgono, con coraggio, la maternità
L’Istat ha registrato nel 2003 un lieve aumento
delle nascite rispetto al 2002: infatti, sono nati quasi seimila bambini
in più. L’aumento si registra in particolar modo al Nord dove la
presenza di immigrati è maggiore rispetto al Sud, dove invece la fecondità
sembra aver subito un leggero calo. Ma se la presenza degli immigrati ha influito
sul mini-boom, di certo non si può dire che rappresenti un fattore determinante:
infatti, nei Paesi in cui l’immigrazione è presente da molto più
tempo che in Italia, sembra che gli extracomunitari si adeguino lentamente,
ma inesorabilmente, al trend del Paese che li ospita. E in Italia generalmente
le donne aspettano di “sistemarsi” per fare un figlio.
Tuttavia il lieve aumento delle nascite sembra essere dovuto a un’inversione
di tendenza, a una maggiore audacia delle donne italiane. Vista
la precarietà dei posti di lavoro, passati i trent’anni, le donne
italiane, per paura che poi sia troppo tardi, danno sfogo alla propria voglia
di maternità. Questo rivela un avvicinamento socioculturale agli
Stati Uniti. Infatti, gli asili nido non sono più i “depositi per
bambini” di trent’anni fa e a Torino i contratti co-co-co vengono
sospesi alle donne che entrano in maternità per essere poi ripristinati
quando tornano in ufficio. Purtroppo però quello di Torino è un
caso isolato: mentre in molti paesi europei le donne in maternità ricevono
addirittura assegni di sostegno, in Italia le neomamme (ma questo succede anche
per altre categorie di lavoratori) devono accontentarsi di una rete ufficiosa
e non sempre efficace di informazioni, che diventano a volte vitali per andare
avanti alla meno peggio.
23 agosto 2004
Elisabetta Affatigato
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