Osservatorio di genere


COMMISSIONE UE: PARTE CON LA FESTA DONNA LA "ROADMAP" PER LA PARITA' Stampa E-mail
L'eguaglianza di genere non è solo una buona idea, ma stimola le potenzialità delle persone e soprattutto svolge un ruolo chiave nel rendere la Ue più competitiva. Dal 2007 si attiverà l'Istituto europeo per l'eguaglianza di genere

Che le donne siano ancora lontane dalla conquista delle pari opportunità in alcuni settori è chiaro: nonostante il 75% di nuovi posti in rosa, esse sono confinate solo in alcuni settori, guadagnano almeno il 15% in meno degli uomini a parità di mansioni e spesso sono costrette a lasciare il lavoro per poter occuparsi della famiglia. Tutto questo viene riportato dalla Commissione europea nella recente “Relazione sulla parità tra donne e uomini 2006”, in cui sollecita gli Stati membri a trovare nuove soluzioni per aiutare le lavoratrici a conciliare la professione con la famiglia e per ridurre i divari retributivi e occupazionali e che sarà presentato ufficialmente in occasione del Consiglio europeo di primavera, in programma il 23 e 24 marzo a Roma. Intanto, l'8 marzo, partirà la 'roadmap' per la parità, annunciata dalla Commissione la quale ha indicato le azioni concrete da realizzare per colmare le disuguaglianze di genere. Inoltre, la Commissione ha proposto di creare un Istituto europeo per l'uguaglianza tra uomini e donne, che possa contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema.
Secondo i dati riportati nella Relazione della Commissione, l'occupazione femminile nell'Europa a 25 ha raggiunto il 55,7% nel 2004, vale a dire lo 0,7% in più rispetto al 2003. Un incremento che ha permesso di ridurre la distanza rispetto al tasso maschile dai 18,1 punti percentuali del 1999 ai 15,2 del 2004. Valore, tuttavia, ancora troppo elevato e che varia molto da paese a paese: il divario, infatti, scende a meno del 10% in Svezia, Finlandia, Danimarca e repubbliche baltiche, mentre supera il 20%, oltre che in Italia, anche in Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Resta ancora più elevato il 'gap' se si considerano gli 'over 55': la distanza tra uomini e donne, infatti, è del 19%, ridotto comunque negli ultimi anni, dopo la crescita della partecipazione al mercato del lavoro delle donne tra i 55 e i 64 anni, che ha aumentato il tasso di occupazione femminile per questa fascia d'età fino al 31,7%, vale a dire il 5,4% in più rispetto al 1999. Sono diminuite le donne senza lavoro, abbassando il 'gap' rispetto al livello di disoccupazione maschile fino al 2,1% nel 2004 (un punto in meno rispetto al 1999). Il divario si è ridotto in 15 dei 25 Stati della Ue e, in maggior misura, proprio in quelli che evidenziavano nel 1999 il dato peggiore. Tra questi, l'Italia in testa con Spagna e Grecia, ma anche Cipro, Germania, Polonia, Francia, Repubblica Ceca e Belgio.
Più del 40% delle donne è impiegato nell'istruzione, nella sanità o nella pubblica amministrazione, contro il 20% degli uomini. Rappresentano solo il 32% dei dirigenti, il 10% dei membri di consigli di amministrazione e il 3% degli amministratori delegati di società, nonostante un livello di istruzione superiore: nel 2004, circa 8 su 10 tra i 20 e i 24 anni hanno completato almeno la scuola secondaria superiore, contro meno di tre quarti degli uomini, rappresentando il 59% dei laureati di primo livello. Nella carriera accademica, scende al 43% fra i dottori di ricerca e appena al 15% fra i professori ordinari. Sono ancora poche le donne che scelgono discipline ingegneristiche, scientifiche e tecnologiche, mentre la maggior parte opta per materie umanistiche. Le donne partecipano più degli uomini ad attività di formazione continua durante la vita lavorativa: 11,7% contro 10%. Sebbene spesso siano più preparate, le donne finiscono per guadagnare il 15% in meno rispetto ai colleghi uomini che svolgono la stessa attività, percentuale scesa di appena un punto in cinque anni. Tra il 1999 e il 2004, a registrare un lieve miglioramento nel differenziale retributivo sono stati 17 Stati della Ue, mentre il 'gap' è rimasto invariato in altri tre e in cinque addirittura è peggiorato (Belgio, Slovacchia, Portogallo, Francia e Germania).
Per quanto riguarda il lavoro part-time, il 32,6% delle lavoratrici europee, contro appena il 7,4% degli uomini fa questa scelta, diventando meno di un decimo in Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, Lituania e Grecia, mentre in Lussemburgo, Belgio, Regno Unito e Germania la percentuale arriva al 40% e addirittura a tre quarti in Olanda. Le cause sono da rilevare nella grande diversità nella gestione dei tempi di vita e di lavoro rispetto agli uomini e nelle difficoltà incontrate da una neo-mamma a tornare al suo posto dopo la maternità. Infatti, la nascita di un figlio, per le donne tra i 20 e i 49 anni, fa crollare il livello di occupazione del 14,3% (è del 75,4% tra chi non ha bambini e del 61,1% tra le madri lavoratrici). Per i neo-papà il tasso di occupazione sale di 5,6 punti (dall'85,6% tra gli uomini senza figli al 91,2% tra quelli con prole). Spesso, poi, dopo la nascita di un figlio, la donna decide di lavorare part time. Ma le lavoratrici scelgono sempre meno di avere figli o comunque lo fanno tardi: l’età varia dai 24,5 anni delle repubbliche baltiche ai 29 di paesi come la Germania, l'Olanda, la Spagna e il Regno Unito.
La Commissione europea ha invitato gli Stati membri ad aiutare sia le donne sia gli uomini a conciliare professione e famiglia, soprattutto creando condizioni di lavoro innovative e più flessibili, realizzando politiche che favoriscono le pari opportunità e mettendo a disposizione più efficienti strutture e servizi per i bambini. Solo cinque paesi della Ue hanno raggiunto l'obiettivo fissato al summit di Barcellona del 2002 di garantire servizi per almeno il 33% dei bambini fino a tre anni, a fronte di una copertura media negli Stati membri intorno al 10%. Otto Paesi, tra cui l'Italia, sono riusciti ad attuare l'altro obiettivo, quello di offrire servizi al 90% dei bambini dai tre anni all'età della scuola dell'obbligo.
In un recente studio comparativo su 30 paesi europei (anche extra-Ue), la CE ha esaminato le diverse misure adottate per favorire la conciliazione tra vita privata e professione. Una parte importante riguarda la flessibilità negli orari di lavoro, non solo il part-time, ma anche formule individuali stabilite a livello aziendale e talvolta previste dalla legge. Questo concerne la Germania, Danimarca, Olanda, Polonia e Lituania, che hanno una disciplina destinata a tutti i lavoratori, ma anche di altri sette paesi in cui la norma che consente una particolare riduzione di orario è riservata a chi ha figli - Austria, Repubblica Ceca, Grecia, Finlandia, Portogallo, Slovenia, Regno Unito, oltre alla Norvegia.
La “roadmap per l'eguaglianza tra uomini e donne”, lanciata dalla Commissione europea in occasione dell'8 marzo, ha l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica e gli Stati membri sul tema delle pari opportunità. “Le donne nella Ue - ha detto Vladimir Spidla, commissario europeo per l'Occupazione, gli Affari sociali e le Pari opportunità - ancora non hanno reali pari opportunità, in particolare sul lavoro. Basti pensare che una lavoratrice su tre è confinata nell'impiego part-time. L'eguaglianza di genere non è solo una buona idea, ma stimola le potenzialità delle persone e soprattutto svolge un ruolo chiave nel rendere la Ue più competitiva. Abbiamo bisogno non solo di più occupazione, ma anche di un lavoro migliore, favorendo l'ingresso delle donne e al tempo stesso assicurando la possibilità di conciliazione tra professione e vita privata”.
Dal 1° gennaio 2007, sarà istituito il nuovo Istituto europeo per l'eguaglianza di genere, per il quale è previsto uno stanziamento di 52,5 milioni di euro fino al 2013. Centro di eccellenza per i temi dell'eguaglianza di genere, offrirà consulenza, svilupperà le conoscenze in materia, stimolerà la consapevolezza delle politiche di genere tra i cittadini europei, raccoglierà dati e analisi comparativi a livello comunitario e sviluppare nuove metodologie di studio. Saranno analizzate le legislazioni nazionali in materia di eguaglianza di genere, per verificarne l'aggiornamento e l'esistenza di norme che assicurino le pari opportunità in tutti gli Stati membri.
8 marzo 2006


 
Torna su