La legge 40 colpisce gravemente la donna, la scienza, la libertà di scelta, il diritto alla salute e alla felicità. Tutti la criticano, da destra da sinistra e dal centro. Ma le forze del governo continuano a far salti mortali per evitare il referendum che potrebbe abrogarla.
Dopo la proposta
di modifica alla Legge 40, suggerita dai forzisti Bianconi e Tomassini,
il Parlamento reagisce. I Radicali e il Centrosinistra (a esclusione della Margherita)
non sembrano abboccare all’amo di chi suggerisce un
lifting alla legge, senza cambiarla nella sostanza, pur di salvarla dal
referendum abrogativo.
D’altro canto, a detta di molti giuristi dell’uno e dell’altro
schieramento, il ddl Bianconi e Tomassini non sembra
sufficiente a vanificare la raccolta delle firme. Spiega infatti Paolo
Armaroli, di An: “Perché il referendum salti, le modifiche devono
essere sostanziali e nella direzione impostata da chi chiede la consultazione.
Altrimenti, se si tratta solo di un belletto alla legge contestata, il referendum
viene trasferito sulla nuova norma”. Naturalmente, l’ultima parola
in merito alla questione giuridica spetta alla Corte di Cassazione, che potrebbe
dichiarare superfluo uno o più dei cinque quesiti referendari proposti.
Ad esempio, quello che riguarda l’annullamento della dicitura “diritti
del concepito” nell’articolo 1, cadrebbe certamente nel caso venisse
approvato il ddl Bianconi-Tomasino, che con scaltra attenzione all’etimologia,
ha previsto la sostituzione della parola “concepito” con “embrione”.
Daniele Capezzone, dei Radicali, è comunque fiducioso sulla “tenuta”
del quesito proposto dal suo gruppo, ovvero l’abrogazione della legge
in toto, e definisce il ddl “un tentativo di legge-truffa
fallito”.
E allora ci prova Stefania Prestigiacomo, il Ministro per le Pari Opportunità,
che ha sempre dichiarato di non gradire la Legge 40 senza mai opporvisi apertamente
per non entrare in conflitto con Berlusconi, a calare un’altra esca :
facendo leva sui cattolici dell’altro schieramento, e tentando si non
inimicarsi troppo quelli del proprio, propone un accordo bipartisan, un tavolo
di confronto fra tutti i gruppi parlamentari per discutere i punti più
controversi della legge. La mossa riesce, e qualcuno risponde all’appello:
“Qualunque iniziativa vada nel senso di evitare il ricorso alle urne va
vista con interesse e atteggiamento positivo”, dice Enrico Letta, della
Margherita. E il senatore Giulio Andreotti arriva a definire il referendum “un’altra
crociata come quella sull’aborto o sul divorzio, di cui non abbiamo bisogno”.
Ma i promotori dei referendum sono sempre più convinti che si debba andare
fino in fondo, senza lasciarsi blandire da un ipocrita
appello alla conciliazione. Il vero ostacolo è il tempo: appena
venti giorni per raccogliere due milioni e mezzo di firme. Le feste dell’Unità
si sono attrezzate per la raccolta, i radicali piazzano i loro banchetti per
le strade, le circoscrizioni comunali sono state rifornite di moduli prestampati.
Anche cervelli del calibro di Rita Levi Montalcini,
Margherita Hack e Renato Dulbecco si impegnano attivamente, firmando
un appello pro-referendum. Del resto, 2400 fra scienziati e ricercatori italiani
(fra cui 50 Nobel) sostengono l’iniziativa
dell’abrogazione totale, a conferma del grave danno che subirebbe la scienza,
oltre che la donna, se questa legge dovesse sopravvivere.
30 agosto 2004
Edoardo Zaffuto
Su
questo tema, nella rubrica "Donne e..."
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