La legge 40 la vieta, ma si può praticare legalmente... a mezz'ora di macchina da Rimini |
A un passo letteralmente dall'Italia, però all'estero, la Repubblica di San Marino si sta attrezzando per praticare le tecniche di fecondazione in vitro con diagnosi genetica preimpianto. I primi cicli partiranno a ottobre. E la lista d'attesa è lunghissima.
Si tratta di coppie con figli microcitemici che intendono imboccare la strada
del trapianto con la certezza di concepire un figlio «compatibile»
per l’intervento. Si tratta di coppie portatrici di patologie genetiche
come la beta-talassemia, la distrofia muscolare, la
fibrosi cistica, l’atrofia muscolare spinale. Si tratta di coppie
italiane, fertili, tagliate fuori dalla nuova legge sulla fecondazione medicalmente
assistita approvata il 10 marzo scorso. Uomini e donne che non saranno più
costretti a costosissimi viaggi della speranza negli Stati Uniti, in Belgio,
in Spagna o in Turchia. E che potranno scegliere Paesi più vicini: anche
Nova Gorica e Malta ci stanno pensando. Tra i professionisti italiani contattati
dalla clinica privata sanmarinese per seguire i nuovi pazienti c’è
il dottor Francesco Fiorentino, 38 anni, direttore del centro Genoma di Roma.
Il biologo molecolare ha già eseguito in
Turchia la diagnosi preimpianto degli embrioni delle due gemelline che hanno
salvato il fratello Luca, guarito a 5 anni dalla talassemia grazie al trapianto
di cellule staminali prelevate dal cordone ombelicale. L’intervento, compiuto
il 12 agosto a Pavia, aveva suscitato polemiche e imbarazzi proprio perché
reso possibile dalla selezione degli embrioni, concepiti in provetta all’estero. Il problema della ricerca, e dei forti limiti imposti dalla legge numero 40 del 2004, è sentito da tutti coloro che hanno a che fare ogni giorno con le malattie genetiche. Lo conferma il professor Giovanni Monni, primario di ginecologia al Microcitemico di Cagliari. In una regione, la Sardegna, che ha l’infelice primato di 1.500 talassemici, il 20% dei malati italiani. Con un cittadino su otto portatore sano della beta talassemia (tra due coniugi portatori il rischio di avere un figlio malato è del 25%). Monni sospira: «Abbiamo le mani legate. Fino al 10 marzo avevamo fatto già 44 diagnosi preimpianto: eravamo pronti per due o tre alla settimana. Adesso continuiamo a eseguire la villocentesi, ma senza più poter studiare la compatibilità in vista di un trapianto. E tutto ciò perché adesso questa ricerca è bollata come eugenetica. Malgrado l’Organizzazione mondiale della sanità lo abbia detto chiaramente: eugenetica significa selezionare caratteristiche come il colore dei capelli o degli occhi. Non possiamo neppure suggerire ai nostri pazienti di andare all’estero. Rischiamo di essere radiati dall’albo». 14 settembre 2004 Per un approfondimento vedi la sezione: Donne e fecondazione assistita
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