I recenti arresti di alcuni camorristi a Napoli hanno scatenato quasi una rivolta fra le donne del quartiere. Ma Immacolata Iacone, moglie del boss Raffaele Cutolo, sposatasi in carcere 21 anni fa, ammonisce: la camorra è dolore.
Durante l’operazione che la notte tra il 6 e il 7 dicembre ha condotto
i carabinieri all’arresto di 51 affiliati alla camorra, decine di donne,
alcune ancora in vestaglia e con i bambini per mano, sono scese in strada per
ribellarsi all'irruzione nel santuario dello spaccio della droga, quel “rione
dei Fiori” ? conosciuto come "Terzo mondo" ? dove le sentinelle
dei clan impediscono, di fatto, l'accesso agli sconosciuti.
I carabinieri arrivano a sirene spente, ma già i riflessi dei lampeggianti
svegliano gli abitanti del rione: e da dietro le finestre partono i primi jatevenne,
andate via. Mentre i militari conducono la loro operazione, per strada si raduna
una piccola folla. Quasi tutte donne, pronte anche a fare barriera a difesa
di porte e verande. L'atmosfera è tesa ma non degenera, il bilancio finale
parla al massimo di qualche spintone. Però le donne del “terzo
mondo” non rinunciano a farsi sentire, e anzi cercano telecamere e taccuini
dei cronisti per urlare la loro insofferenza verso il blitz delle forze dell'ordine.
Sulle colonne del Corriere della Sera la scrittrice Elisabetta Rasy cerca di
interpretare questa inquietante protesta come la drammatica
espressione di vittime che non riconoscono il loro vero aguzzino: padri e mariti
camorristi. “Sono vittime certo delle colpe delle amministrazioni,
dell’oblio delle autorità, della speculazione edilizia, del degrado
urbano [...] Ma sono sono soprattutto vittime degli
uomini che tribalmente le onorano e civilmente le disonorano con l’efferatezza
dei loro reati [...] A Scampia, a Secondigliano, nel famigerato “terzo
mondo” napoletano, la battaglia per la legalità passa anche, se
non soprattutto, tra le donne. È a casa loro che bisogna far risuonare
il significato vero della parola famiglia”. E proprio facendo leva sull’autentico
amore per la famiglia il sindaco di Napoli Iervolino fa un appello alle donne:
“da donna a donna, lasciate i clan, fatelo
per i figli”.
Una risposta all’appello del sindaco viene da una donna senza figli, una
donna che “solo per amore” – dice – condivide moralmente
l’ergastolo del marito, sottoposto per giunta al regime di isolamento
del 41 bis. “La camorra – dichiara a La Repubblica
– è sofferenza. Ho 43 anni, sono sposata dal 1983. Il mio matrimonio
è stato celebrato in carcere. Con mio marito non ho trascorso un solo
giorno. Raffaele [...] ha capito di avere sbagliato e sta scontando la sua pena.
Io con lui. Lo Stato mi ha impedito di adottare i miei nipoti e mi ha vietato
l’inseminazione artificiale, era il mio desiderio più grande...
Purtroppo non sono una mamma, ma comprendo il discorso del sindaco Iervolino”.
Alla domanda del giornalista che le chiede da dove si deve ricominciare a Napoli,
risponde decisa: dalla scuola e dal lavoro. E quando le viene chiesto se si
attende una risposta del sindaco alle sue parole, risponde: “Non so proprio.
Non sono una di quelle mamme cui lei si è rivolta: lo Stato mi ha impedito
la gravidanza. E non sono una donna. Per gli altri sono solo un cognome tremendo:
Cutolo”.
Moglie del potentissimo boss della camorra degli anni Ottanta Raffaele Cutolo,
questa donna si chiama Immacolata Iacone.
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Vittorio Greco
10 dicembre 2004
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