Gli Stati Uniti le rilasciano in cambio della consegna dei terroristi
Donne come merce di scambio. Secondo quanto denuncia Amnesty International,
sono tantissime le donne prigioniere in Iraq, la cui
liberazione viene offerta in cambio della consegna dei terroristi. E
non sarebbero tutte persone qualunque. Fra di loro vi sarebbero le scienziate
più pericolose dell’Iraq, Rihab Taha, detta “la dottoressa
Germe” nonché moglie del ministro del petrolio di Saddam, e Huda
Salh Mahdi Amash, detta “miss Antrace” ed unica donna del partito
Baath, entrambe impegnate in un progetto sulle armi segrete agli ordini di Saddam
Hussein. Le fonti americane restringono il fenomeno alle due studiose, affermando
che le altre donne sono già state liberate tutte, ma ci sono buoni motivi
per pensare che le accuse di Amnesty International siano fondate. Sarebbero
infatti tantissime le donne che sembrano svanite nel nulla, soggette a stupri
e violenze, imprigionate per ottenere (o estorcere?) informazioni su figli,
mariti, amici. Su queste donne è calato il
silenzio in Iraq. Perché, infatti, fare scoppiare una tale “bomba”?
Le prigioniere sono comunque donne senza nome e senza futuro, che perfino la
famiglia rifiuta perché rese impure anche solo dalla promiscuità
del carcere. Questo le rende agli occhi degli islamici immeritevoli di menzione
da parte dei media, per non dire che in questi casi il silenzio è, in
quei Paesi, d’obbligo.
23 settembre 2004
Elisabetta Affatigato
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