La classifica del Wall Street Journal recentemente pubblicata sottolinea, tra l'altro, come le donne non abbiano fatto grandi passi nella scalata ai vertici: solo il 16,4% ha poteri decisionali nelle 500 aziende più importanti del mondo, un incremento dello 0,7% in 5 anni. Fanalino di coda, manco a dirlo, la povera Italia.
Le prime 50 manager. Nessuna è italiana
La classifica del Wall Street Journal «incorona» 3 cinesi e 2 indiane
Cinquanta donne che contano, ma non una italiana.
Donne «to watch», perché di potere, perché lasceranno
il segno, nelle imprese, nella finanza, nel governo dell’economia. La
classifica del Wall Street Journal ogni anno ne sceglie solo 50 nel mondo. Più
10 «da tener d’occhio», in Europa. Per lo più wonder
woman americane come la numero uno, Angela Braly, a capo di WellPoint, colosso
dell’assicurazione sanitaria privata. In un momento delicato per la sanità
a stelle e strisce (dopo il film di Michael Moore «Sicko» che denuncia
un sistema di speculazioni e ritardi sulla pelle dei malati) mentre il numero
dei «non assicurati» sale a 50 milioni e si intensificano le riforme
sanitarie, Angela Braly, per il Wsj, «giocherà un grosso ruolo
nel dibattito in corso sulla sanità Usa».
Certi nomi sono gli stessi da anni come Zoe Cruz di Morgan Stanley, una delle
donne più potenti di Wall Street o la Ceo di eBay Meg Whitman. La novità
sono le etnie: molte boss di origine asiatica (tre cinesi e due indiane), due
nere, un’araba e qualche europea (la commissaria dell’Antitrust
europeo Neelie Kroes che ha avuto il merito di negoziare con Steve Ballmer la
resa di Microsoft; Clara Furse, prima donna a capo della Borsa della City nei
suoi 300 anni di storia, e Delphine Arnault Gancia, figlia del patron francese
del lusso Bernard Arnault, moglie di Alessandro Vallarino Gancia, erede del
vino piemontese e che a 32 anni siede nel consiglio di amministrazione di Lvmh).
Di italiane neanche l’ombra, nemmeno nella classifica
europea.
Negli anni scorsi avevano sfondato i nomi «che contano» della moda
tricolore. Quarantatreesima nella lista 2006 Frida Giannini, direttore creativo
di Gucci, l’anno prima era stata la volta di Miuccia Prada mentre Laura
Ferro, a capo dell’azienda Biofarmaceutica Gentium, era nella graduatoria
europea. Nonostante i volti nuovi in classifica, il
Wsj sottolinea come le donne non abbiano fatto grandi passi nella scalata ai
vertici: solo il 16,4% ha poteri decisionali nelle 500 aziende più importanti
del mondo, un incremento dello 0,7% in 5 anni. Eppure il talento femminile
sta dilagando sulle scrivanie delle corporation. E c’è da sperare
che chi ce l’ha fatta, invece di fare lo sgambetto, assecondi e faccia
crescere le giovani promesse. Per lasciare loro il testimone. È successo
in Xerox, a Procter & Gamble. A WellPoint il 50% dei manager è donna.
Premiata in Europa la corte femminile del presidente Nikolas Sarkozy: dal ministro
della Giustizia Rachida Dati a quello della finanza Christine Lagarde.
da Corriere.it, 20 novembre 2007
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