Gender Observatory


Con la parità si vince in due Print E-mail
There are no translations available.

Oggi su La Repubblica l'intervista a Valeria Ajovalasit, presidente nazionale di Arcidonna, sull'indagine curata da Arcidonna sulla percezione delle pari opportunità tra le ragazze ed i ragazzi delle scuole italiane che mette a nudo il pensiero dei giovani studenti tra vecchi stereotipi e nuove prospettive. Con la parità si vince in due, è questo il titolo dell’ultima pubblicazione di Arcidonna, nata nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione condotta tra il 2003 ed il 2004 nelle scuole medie superiori italiane e che ha coinvolto oltre 164 Istituti e quasi 6.300 tra studenti e studentesse dai 14 ai 18 anni, campagna realizzata tra le attività previste dal Progetto Esserci, finanziato con il Programma di Iniziativa Comunitaria Equal.

Oggi La Repubblica dedica un’intera pagina all’intervista di Maria Stella Conte a Valeria Ajovalasit, presidente nazionale Arcidonna.
Analizzare e valutare la percezione e la consapevolezza degli studenti italiani rispetto al fenomeno delle discriminazioni di genere; capire, se per le nuove generazioni, quello della scarsa presenza del genere femminile nei luoghi di decisione sia vissuto come un problema, un difetto della nostra democrazia, o come una condizione assolutamente normale che non produce alcuna riflessione e o reazione. Questi tra gli obiettivi prioritari dell’indagine di Arcidonna.

Cosa emerge? Il profilo di lei: senso della maternità e saper reagire a ciò che accade attorno. Le adolescenti bocciano i loro coetanei: hanno più chance, ma senza coraggio. I ragazzi? Hanno più libertà e nessuna discriminazione, ma sono più confusi e narcisi.
Le ragazze sanno di essere discriminate e sottovalutate (37.6%), di avere meno libertà e di doversi sobbarcare le responsabilità domestiche, ma non per questo rinunciano. Sono adolescenti che hanno la chiara percezione della propria forza. Si guardano dentro e guardano fuori.
I ragazzi appaiono spesso insicuri e fragili e le loro risposte rispecchiano vecchi stereotipi ribadendo che l’unica cosa bella di essere donna sia la maternità. E a parte questo non gli viene in mente null’altro. Commenta così Valeria Ajovalasit: “È il disagio sommerso degli adolescenti che vivono in una società che continua a descrivere un genere di donna ormai in via d’estinzione: la frattura tra i modelli femminili proposti dai mass media e la realtà delle compagne di classe è immensa […] è come se i ragazzi non avessero percezione del mutamento che sta avvenendo nelle coetanee. Gli basta individuare in loro un qualsiasi segno esteriore, per omologarle, per identificarle con i cliché televisivi”.
La scoperta di una generazione complessa dove i valori tradizionali della famiglia e della procreazione insieme alle esigenze della società del benessere, i bisogni eterodiretti del mercato globale omologante e della società dell'immagine con la sua dittatura televisiva, si confondono con richieste precise: più libertà, più uguaglianza di opportunità, più giustizia sociale, in una società più amichevole e mite per le donne e gli uomini.

Una conferma dunque anche dalle nuove generazioni: gli squilibri tra i due generi sono ancora forti in Italia, specchio di un contesto che si presenta, sotto il profilo della parità e della democrazia, decisamente arretrato rispetto ad altri Paesi.

Su tutto, le parole di una giovane studentessa, e tra le pagine della ricerca si legge anche: “Forse l’unico privilegio di cui possiamo (le donne) vantarci è la capacità che ci è stata attribuita dalla natura, perché se anche tale privilegio, potesse divenire legge, la società lo concederebbe all’uomo.” Vale la pena di riflettere.

26 settembre 2005


 
Torna su