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Arcidonna News Ennesimo buon motivo per abrogare la Legge 40
Ennesimo buon motivo per abrogare la Legge 40 Print E-mail
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La vicenda del piccolo Luca, guarito dalla talassemia

A maggio la sentenza di Catania aveva brutalmente mostrato, a chi ancora non le avesse viste o non avesse voluto vederle, le mostruose conseguenze della neonata Legge 40 sulla fecondazione assistita. E avevano il volto di un’aspirante madre ostacolata dalla Natura, sulla quale si accaniva anche la legge dei tribunali. Adesso, a pochi giorni dalla data di scadenza per la raccolta delle firme per il referendum abrogativo, abbiamo invece sotto gli occhi il sollievo e la gioia di un’altra donna, il cui figlio guarisce dalla talassemia grazie anche alla diagnosi preimpianto, vietata in Italia da quando la Legge 40 è entrata in vigore.

La coppia dei genitori, turchi, vivevano in Italia con Luca, un bambino di cinque anni affetto da anemia mediterranea: due trasfusioni alla settimana, un ago in vena per ore, condizioni di salute che peggioravano di giorno in giorno. L’unica speranza era un trapianto di cellule staminali che, con pieno successo, è stato pochi giorni fa effettuato al Policlinico San Matteo di Pavia. Le cellule erano state prelevate dal cordone ombelicale di due gemelli, fratelli di Luca, che i genitori avevano concepito proprio per salvare la vita al bambino talassemico.
Anche il Ministro della Sanità Sirchia ha partecipato alla conferenza stampa, con cui è stato comunicato trionfalmente il buon esito di questo intervento all’avanguardia. Quello che il ministro non sapeva (o che ha preferito ignorare) è che i gemelli sono nati in provetta, in Turchia, che i loro embrioni sono stati scelti per l’impianto proprio perché sani e istocompatibili col fratellino malato. In Turchia, infatti, non è reato decidere di mettere al mondo individui sani, o tentare, con tutte le forze e grazie alle nuove scoperte della medicina, di salvare un altro bambino da morte certa. Sirchia si è quindi trovato in una non invidiabile posizione di imbarazzo: festeggiava un successo reso possibile dall’aggiramento di una legge che lui aveva sottoscritto. “Il ministro non ha un bambino malato che si spegne ogni giorno un po’, non lo vede consumarsi lentamente, inesorbilmente”, così da Istambul gli ha risposto Ahmet, il padre di Luca. Altrimenti, credo che sarebbe favorevole alla selezione degli embrioni”.
In consonanza con questo principio di buonsenso, la dichiarazioni del Ministro per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo: “La legge va cambiata, bisogna consentire la diagnosi preimpianto. Non ha senso impedire di sapere se l’embrione e malato, e poi consentire ecografia e amniocentesi. Perché avere dopo cinque mesi informazioni che si possono avere prima dell’impianto? Tanto più che in questo caso era in ballo una vita umana”.

È proprio questo il punto nodale della faccenda, il paradosso dei paradossi: perché una parte del mondo cattolico, la cui etica è tenacemente ancorata al valore della vita umana, difende a spada tratta una legge che, come abbiamo appena constatato, avrebbe impedito a Luca di sopravvivere, di crescere, di essere felice?

10 settembre 2004
Edoardo Zaffuto

 

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