I due binari paralleli |
There are no translations available. Sulle pagine di La Repubblica, Valeria Ajovalasit, presidente nazionale Arcidonna, identifica il disagio di una società divisa in due: da una parte il disimpegno e il caos nella classe politica e di governo, dall'altra una Sicilia onesta che crede e si impegna per realizzare una svolta radicale e profonda nella cultura e nel futuro dei siciliani. Non può e non deve passare inosservato il recente dibattito sulla fiducia al governatore siciliano consumato nei giorni scorsi nelle sale dell’Ars. Una mozione, sostenuta da centomila firme, che ritengono che il grande malessere della politica in Sicilia costituisca grave pregiudizio per lo sviluppo dell’isola. Firme di quei siciliani e siciliane che sono la parte sana della regione che lavora, con enormi difficoltà, ma comunque con impegno e sacrifici a dispetto di clientelismi, corruzioni e sprechi. Due isole parallele, o due binari paralleli. Da una parte il disimpegno e il caos nella classe politica e di governo, dall’altra una Sicilia onesta che crede e si impegna per realizzare una svolta radicale e profonda nella cultura e nel futuro dei siciliani. Su un primo binario ecco questo governo che ci ha condotto, con pessimo uso delle risorse nazionali ed europee, ad un tasso di disoccupazione pari al 17,2 per cento (fonte Istat 2004), il più alto d’Italia, fra le donne sale al 23,7%. Chiudono fabbriche, aziende, imprese, si perdono o scompaiono flussi preziosi di risorse comunitarie. Il rischio di perdere dai fondi di Agenda 2000 trecentonovanta milioni di euro è una quasi certezza, a meno che non intervenga, come sempre, un espediente amministrativo di bassa cucina politica inefficace rispetto alle reali esigenze di uno sviluppo moderno di questa regione. Fuggono i cervelli, si sgretolano le professionalità acquisite, si lacerano i sogni dei giovani laureati, la macchina regionale sembra fatta per non funzionare. Per non dare risposte, per non legalizzare giuste attese e vecchi diritti. Un sistema illegale, mafioso, privo di regole contro il quale la politica e non la magistratura deve essere capace di rompere i meccanismi. Vedi, esempio recente, la nomina dei nuovi direttori regionali due anni dopo la scadenza naturale, posti che si moltiplicano e che vengono scelti - tranne rare eccezioni - e distribuiti secondo logiche funzionali solo al potere, a clientele passate, presenti e future. Dove sta, in quest’isola, la meritocrazia? Cosa fanno le gerarchie ecclesiastiche protagoniste di straordinarie guerre contro la ricerca e il futuro e, assenti, tranne isolati eroi, nella quotidiana battaglia per la legalità? Sull’altro binario, la voglia di positività, nonostante tutto. Che arriva da istituzioni importanti come l’Università con gli appelli del rettore Silvestri, del preside della facoltà palermitana di Lettere Ruffino. Smettiamola di piangere, dicono, operiamo al meglio nei nostri luoghi di lavoro, nei diversi ruoli sociali e professionali che rappresentiamo. Rifondiamo la fiducia. Con un obiettivo comune, dico io, che ci allinei alle speranze sane delle future generazioni: smontiamo questo sistema pezzo per pezzo creando una cesura netta con i precedenti 50 anni di governo. Penso alla forza dell’associazionismo presente e vitale in tutti i rami della società, ai giovani creatori della campagna metropolitana contro il pizzo, alla fulgida dignità dei ragazzi e delle ragazze che qui studiano, qui lavorano, qui progettano con amore e impegno per quella Sicilia che vogliono diversa. Valeria Ajovalasit 28 giugno 2005
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