There are no translations available. Il caso dell'assassinio di Theo van Gogh, regista di "Submission", un cortometraggio sulla violenza contro le donne islamiche
Stavolta a doversi confrontare con le barbare esecuzioni degli integralisti
islamici sono stati gli olandesi. E a casa loro per giunta. Una delle tante,
meravigliose strade di Amsterdam, il 3 novembre scorso, si è sporcata
del sangue del regista e giornalista Theo van Gogh, nipote del fratello del
celebre pittore, assassinato a colpi d’arma da
fuoco e infine sgozzato. Sul suo corpo è stato ritrovato un coltello
più piccolo con il quale è stato fissato un foglio scritto. Il
contenuto non è ancora reso pubblico, ma probabilmente si tratta di versetti
del Corano. Arrestato l’assassino dopo un breve scontro a fuoco con la
polizia, ed eseguite le verifiche necessarie, il ministro della Giustizia olandese,
Piet Hein Donner, ha dichiarato che “con ogni probabilità, l’autore
del delitto ha agito per convinzione islamica radicale”. L’assassino,
infatti, vestito in un abito marocchino tradizionale, è ricorso al disumano
rituale dello sgozzamento, praticato dalla setta degli Assassini, dai guerriglieri
islamici algerini, dai terroristi in Iraq, e ora anche dai loro seguaci in Europa.
Il
regista era particolarmente inviso ai musulmani dopo l’uscita del suo
cortometraggio sulla violenza contro le donne nella
società islamica, intitolato Submission (sottomissione). Il corto
mostrava una donna coperta da un velo trasparente. Il petto in vista, e su altre
parti del corpo erano scritti testi del Corano che descrivono le
punizioni fisiche consentite per le donne disobbedienti. Tutti coloro
che hanno partecipato alla realizzazione del film sono stati minacciati di morte:
la parlamentare liberale di origine somala, Ayaan Hirsi
Ali, rifugiatasi 12 anni fa in Olanda, dopo aver abbandonato un marito
violento, sposato a seguito di un matrimonio combinato; l’autrice
della sceneggiatura, l'olandese Ayaan Hirsi Ali, cresciuta secondo i
principi dell'Islam, ma critica sul ruolo della donna nella cultura musulmana;
e infine lo stesso van Gogh, che però (purtroppo) non si è mai
sentito realmente un bersaglio dell’integralismo islamico. Tutti e tre
sono stati addirittura spalleggiati dalle guardie del corpo, anche se non è
ancora chiaro se van Gogh fosse ancora sotto copertura al momento dell’omicidio.
Le reazioni scatenate sono state diverse: i vertici politici sono prudentissimi,
la gente comune, indignata e preoccupata, ha dato vita in Olanda a diverse manifestazioni
di protesta. La comunità islamica, per la maggior parte, cerca di non
esporsi pubblicamente più di quanto lo sia già, ma alcuni sostengono
apertamente, anche davanti le telecamere della televisione olandese, che van
Gogh è stato il responsabile della sua stessa morte e che “bisogna
combattere il fuoco col fuoco”, mentre l’insegnante di un istituto
tecnico di Amsterdam, frequentato per lo più da allievi marocchini, racconta
che la maggior parte di loro ha esultato alla notizia della morte del regista.
Van Gogh aveva appena terminato la lavorazione di un film sull’assassinio
di Pim Fortyn, e Boris Dietrich, leader dei Democratici olandesi (Demokaraten
66), non ha esitato a mettere a confronto i due casi: "Entrambi erano difensori
della libertà di espressione, non si stancavano mai di denunciare il
proliferare del radicalismo islamico e la polarizzazione della società
olandese".
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Elisabetta Affatigato
9 novembre 2004
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