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Arcidonna News La poligamia in Italia
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Secondo l'ultima inchiesta, dato il continuo afflusso di islamici, nel nostro paese il fenomeno è più diffuso di quanto si potrebbe pensare. Al di là del problema strettamente giuridico, sono molti i casi di co-mogli sfruttate o maltrattate.

Secondo l’inchiesta svolta nel 2001 dal giornalista Magdi Allam, l’1,5% dei musulmani presenti in Italia sono poligami. Vale a dire che 15 mila uomini di fede islamica hanno da due a quattro mogli. Questi matrimoni, chiaramente, sono riconosciuti solo dalla sharia, la legge islamica, perché per la legge italiana la poligamia è punibile con pene che vanno da uno a cinque anni di carcere. Ma allora, in Italia, quali sono le condizioni reali e i diritti delle donne musulmane che secondo la sharia sono la seconda (molto più raramente la terza e la quarta) moglie di un musulmano?
Per poter rispondere con cognizione di causa a questa domanda, innanzi tutto, va chiarita la natura del matrimonio secondo l’Islam, che è un contratto civile senza alcun valore sacramentale.
Il contratto viene stipulato dallo sposo, che versa la dote, e dal tutore della sposa, in presenza di un notaio religioso e da due testimoni. Esistono tre tipi di matrimonio: a tempo indeterminato classico, a tempo indeterminato consuetudinario, e a termine. Il primo tipo, quello ampiamente più diffuso, è pubblico e ufficiale, il secondo resta per lo più segreto, il terzo, quello a termine o “di piacere”, a posto della dote prevede un vero e proprio affitto.
Al di là di queste non indifferenti distinzioni, per lo Stato italiano chi si sposa soltanto davanti all’imam è solo una coppia di fatto, perché il matrimonio in moschea non ha effetti civili, e i matrimoni plurimi contratti all’estero sottostanno alle leggi straniere. Proprio per questo motivo, a tutt’oggi, in Italia non ci sono statistiche ufficiali sulla poligamia. E i dati forniti dall’inchiesta di Magdi Allam non sono ritenuti attendibili né dal sociologo Renzo Guolo, esperto di Islam, né dal medico Mohamed Nour Dachan, presidente dell’Unione delle comunità islamiche in Italia. Secondo quest’ultimi, tra il milione dei musulmani presenti in Italia, i casi di poligamia sono molto meno di 12 mila. Tuttavia, anche se il dato percentuale può sembrare ridotto, le condizioni delle mogli non ufficiali sono spesso così degradanti e umilianti che le stesse donne musulmane cominciano a chiedere allo Stato italiano un quadro normativo più chiaro, in grado di tutelare i diritti delle mogli, è proprio il caso di dirlo, clandestine.
Secondo una sentenza del 13 marzo 2003 del tribunale di Bologna, lo Stato italiano ha indirettamente riconosciuto la poligamia dei musulmani residenti in Italia, perché “il reato di bigamia può essere commesso solo dal cittadino italiano sul territorio nazionale essendo irrilevante il comportamento tenuto all’estero dallo straniero la cui legge nazionale riconosce la possibilità di contrarre più matrimoni”. Questa sentenza riconosce, ad esempio, la possibilità di una seconda moglie residente nel paese di origine. Quando queste donne raggiungono il marito in Italia, con un permesso di lavoro, clandestine, o, molto raramente, con un permesso di ricongiunzione familiare valido solo per i figli, le co-mogli sono spesso in balia del marito e/o della moglie “ufficiale”.
Queste donne sono vittime di menzogne (molte di loro scoprono la reale condizione del marito soltanto quando dopo anni arrivano in Italia), sfruttamento economico e violenze, così spesso che ormai sono proprio loro a cercare la tutela dello Stato. Anche per amore dei figli. A tal proposito, Suad Sbai, presidente dell’Associazione Donne Marocchine in Italia dichiara:
“Dobbiamo recuperare questi ragazzi vittime della violenza familiare, predisporre un programma di rieducazione psichica e sociale. Lancio un appello al ministro delle Pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, perché intervenga a tutela dei figli e delle donne musulmane vittime della poligamia e della violenza”.
A fronte di questo accorato appello bisogna però prendere atto di dichiarazioni come quelle di Souheir Katkouda, dell’Associazione Donne Musulmane d’Italia: “La poligamia non va né favorita né demonizzata. È un grosso impegno economico e affettivo, ma può rivelarsi l’unica soluzione quando una moglie è sterile o malata”.

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6 ottobre 2004

 
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