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Prostituzione e sindacati: il caso tedesco Print E-mail
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Le prostitute vengono tutelate dallo Stato alla pari di qualsiasi altro lavoratore. Ma proprio le dirette interessate sono restie ad aderire al nuovo modello contrattuale.

La Germania “sindacalizza” la prostituzione. Dopo l’entrata in vigore il 1° gennaio 2002 della “Legge sul miglioramento della situazione giuridica e sociale delle prostitute”, che legalizza di fatto le case chiuse, il sindacato dei servizi tedesco “Ver.di” elabora un contratto di lavoro per le prostitute, che mira a garantire alle operatrici del sesso gli stessi diritti dei lavoratori.

I gestori dei bordelli devono, infatti, assicurare alle proprie dipendenti: un periodo di prova di sei settimane, due giorni di riposo settimanali, 30 giorni di ferie all’anno, uno stipendio di base, il superminimo ad personam fisso o in relazione al numero di clienti, la tredicesima da poter dividere in due rate a maggio e dicembre, il pagamento di tutti gli oneri sociali e pensionistici, e una visita medica mensile. È inoltre vietato costringere la dipendente a fornire prestazioni indesiderate.

L’iniziativa s’inserisce in un processo di apparente normalizzazione della prostituzione, “il mestiere più antico del mondo”, trattata da un punto di vista giuridico, legale e sindacale al pari di un qualsiasi altro lavoro. Restano irrisolti purtroppo una serie di interrogativi, non ultimo quello sollevato da un dato di fatto: a due anni dall'entrata in vigore della legge, soltanto 100 prostitute hanno richiesto di aderire al nuovo modello contrattuale del sindacato.

Quante prostitute clandestine possono concretamente scegliere di essere tutelate da un punto di vista legale? La legalizzazione può riuscire a combattere e arginare lo sfruttamento? È giusto che la prostituzione sia considerata un lavoro come altri? La vittoria non è forse di chi disprezza e in modo moralistico vuol togliere vergogne e impudicizie dalle strade? Il caso tedesco può veramente considerarsi un nuovo passo in avanti verso la civiltà? Forse la Storia racconta di cortei femminili in piazza per affermare il proprio diritto di prostituirsi? E inoltre, chi sceglie in modo volontario di prostituirsi, perché dovrebbe ritenere il proprio lavoro pari a quello di un qualsiasi impiegato e rinunciare agli ingenti guadagni del lavoro in nero? Ricordiamo che Molly Luft, proprietaria di una casa chiusa a Berlino, all’indomani dell’approvazione della legge sulla legalizzazione della prostituzione ha dichiarato: “Non apro mica le gambe per il fisco”. La prostituzione si avvia a diventare illegale, come tutti gli altri lavori, in relazione alle tasse da pagare allo Stato.

20 settembre 2004 Claudia Di Pasquale

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