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Ritornano le esecuzioni pubbliche in Afghanistan Print E-mail
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Ventinovenne lapidata per aver chiesto la separazione da un marito assente

Sono diverse, discordi le notizie sulla morte di Amina Aslam, la ventinovenne afghana uccisa giovedì scorso nel distretto di Argo, a ovest di Faizabad, capoluogo della provincia di Badakhshan, per avere tradito il marito. Sempre che di tradimento si possa parlare, quando il marito è assente da tempo. L’unica cosa chiara in questa faccenda, infatti, è ciò che è successo prima della morte di Amina. Suo marito non viveva più con lei da almeno cinque anni, e lei aveva deciso di rifarsi una vita, anche se in segreto: da tempo aveva intrapreso una relazione con un altro uomo, e quando il marito è tornato dopo tanto tempo, Amina gli ha chiesto la separazione senza mezzi termini. Dopodiché è stata sorpresa insieme all’amante, e se quasi tutte le fonti concordano sulla punizione inflitta a lui (cento frustate e poi la liberazione), sulla morte di Amina le molteplici versioni serpeggiano, si accavallano, senza giungere a un punto d’incontro, a un elemento comune. Secondo le prime ricostruzioni Amina sarebbe stata trascinata fuori dal padre e lapidata dal marito, o viceversa, di fronte ad altri abitanti del villaggio. O forse è stata uccisa in altro modo. La Commissione indipendente afghana dei diritti dell'uomo, che ha anch'essa inviato una squadra sul posto, ha detto invece che la donna non è stata lapidata ma uccisa dalla famiglia del marito. Il modo non è chiaro. Secondo il generale Noori, capo della polizia provinciale generale, la donna è stata lapidata a seguito di una decisione del mullah (capo religioso) Mohammed Yusof. Aggiunge Noori: «Abbiamo mandato una delegazione nella regione per verificare l'informazione. Le autorità afghane condanneranno severamente un atto così irresponsabile, qualora effettivamente accaduto. [...] Le decisioni stanno alla magistratura e non ai dignitari locali». Ma al di là di queste precisazioni, che hanno tutta l’aria di attenuare un po’ l’orrore che suscita nel mondo il ritorno delle esecuzioni capitali in Afghanistan, rimane il fatto che le donne continuano a morire a causa di un’interpretazione sommaria e opportunistica della sharia e di una società ancora e (sembra) irrimediabilmente maschilista. A chi e a cosa si può altrimenti imputare una pratica talmente mostruosa, divenuta comune nel paese anche dopo l’allontanamento dei talebani?

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28 aprile 2005


 
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