There are no translations available. La Turchia scansa per un pelo la reintroduzione del reato di adulterio, l'Algeria invece assiste al trionfo delle donne, da trent'anni in lotta per la revisone del Codice di Famiglia
Il 6 ottobre il presidente della Commissione europea presenterà il primo
rapporto sull’adesione della Turchia
all’Unione europea. In vista di questa importante scadenza, il 26 settembre
il parlamento turco, riunito in sessione straordinaria, ha approvato
il nuovo codice penale che va a sostituire un ordinamento vecchio di
ottant’anni.
Contrariamente a quanto prevedeva il primo testo presentato in aula, nel codice
adottato l’adulterio non sarà punito con
tre anni di prigione. Questo articolo è stato eliminato grazie
alle ferme proteste dell’Ue, che proprio sulla tutela dei diritti degli
individui, delle minoranze e delle donne farà uno dei principali banchi
di prova delle aspirazioni europeiste della Turchia. Il nuovo codice penale
è infatti l’atto finale di quattro anni di riforme, promosse dal
governo Erdogan, per raggiungere quello che è stato, sin dal suo insediamento,
l’obiettivo dichiarato: l’inizio dei negoziati per l’adesione
della Turchia all’Unione europea.
Alla luce di questi obiettivi risulta evidente l’autogol politico compiuto
dal parlamento di Ankara. Infatti, la proposta di reintrodurre
il reato di adulterio, cancellato dalla Corte costituzionale nel 1996, è
stata presentata proprio da parte del partito islamico moderato Akp,
il partito del premier Erdogan. Sebbene la proposta sia stata prontamente ritirata,
la gaffe è ormai compiuta, e la dice lunga
sulle reali convinzioni di quell’ampio elettorato islamico che ha votato
l’Akp.
Quando il 17 dicembre i capi di Stato e di Governo europei decideranno se dare
inizio ai negoziati che porteranno all’adesione, probabilmente, penseranno
anche a questo episodio.
Di tutt’altro spessore è il progresso compiuto ad agosto dalle
donne e dal diritto dell’Algeria. Dopo
vent’anni di lotta le donne algerine riescono, infatti, a far approvare
dal consiglio dei ministri una profonda revisione della legge 11/84, quella
che regolamenta il Codice di Famiglia.
In base al vecchio codice, la donna algerina non poteva
decidere liberamente di sposarsi, per lei doveva decidere il tutore, il padre
o il fratello maggiore. D'ora in poi, invece, ci sarà parità
assoluta, e dal compimento del diciannovesimo anno d’età ci si
potrà sposare liberamente. La donna se vorrà potrà continuare
a studiare, potrà lavorare e, cosa più importante, potrà
rifiutare la poligamia, poiché sarà necessario il consenso
di tutte le donne coinvolte. Inoltre, verrà istituita una commissione
che dovrà giudicare se il marito è in grado di garantire un tenore
economico paritario alle mogli.
Cambiano radicalmente anche le condizioni del divorzio. Prima un uomo poteva
divorziare dalla moglie anche in mancanza di valide motivazioni e la donna doveva
andarsene di casa senza i figli. Ora invece la tutela
dei figli potrà essere affidata anche alla madre.
Tutto ciò è stato ottenuto grazie anche alla determinazione di
Khalida
Toumi Messaoudi, figura storica del femminismo, dal 2002 ministro
della cultura e membro della commissione che ha elaborato il nuovo codice.
In merito a tutto ciò Khalida dichiara: “Questa riforma cambierà
definitivamente il ruolo della donna algerina in seno alla famiglia. Ma non
solo. Sono certa che avrà dei riflessi positivi anche a livello internazionale,
perché rappresenterà un viatico per tutte le donne a continuare
la loro lotta di emancipazione. Una lotta necessaria ovunque. E quando dico
ovunque, intendo anche in Paesi come l’Italia, dove sono ancora poche
le donne che siedono al governo e in parlamento”.
Chi a cuore l’emancipazione della donna e il diritto, oggi come oggi,
può imparare di più dall’Algeria piuttosto che dall’aspirante
membro della Ue.
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27 settembre 2004
Vittorio Greco
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