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Fecondazione artificiale in Spagna Stampa E-mail
Con la restrizione "all'italiana" di recente approvate dal Partito Popolare spagnolo il successo delle fecondazione scende dal 40% al 25%

La legislazione spagnola sulla fecondazione artificiale è datata 1988, periodo di governo dei socialisti di Felipe Gonzalez. In Europa è considerata una legislazione permissiva: è consentita la fecondazione eterologa oltre che alle coppie sposate, a quelle conviventi, alle donne single e omosessuali. È ammessa inoltre la donazione degli ovociti. In ultimo, è possibile la diagnosi dell'embrione prima del suo trasferimento nell'utero. Soltanto l'anno scorso le diagnosi sugli embrioni sono state 425.
Il Partito Popolare ha recentemente posto delle limitazioni al numero di ovociti da impiantare (tre per ciclo) e ha destinato all'attività di ricerca gli embrioni attualmente congelati. Alla restrizione si sono espressi in modo contrario gli scienziati riuniti a congresso a Granada: l'impianto ridotto a tre ovociti farà diminuire inevitabilmente le possibilità di successo. José Antonio Castilla, presidente del comitato organizzativo del convegno e primario in un ospedale da 600 trattamenti di fecondazione in vitro l'anno, dichiara che, fecondando tre ovociti, «potranno ottenersi solo uno o due embrioni» che si trasferiranno nell'utero della donna eliminando la possibilità di «selezionare i migliori». Per cui, continua il medico, diminuirà del 15% l' indice di successo della fecondazione in vitro in Spagna: attualmente è del 40%.
I dati raccolti dal 1984 parlano chiaro: sono almeno 60 mila i bambini-provetta. L'Instituto Valenciano de Infertilidad nato nel 1990 ha realizzato nelle sue quattro sedi 6200 cicli di riproduzione assistita, e si colloca al vertice della classifica europea con il 15% dei trattamenti operati su cittadini e cittadine provenienti da Danimarca, Germania e Italia. Il costo oggi per il trattamento è di circa 4500 euro.

 
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