Nuovi passi avanti nella lotta internazionale alle pratica mutilazioni genitali femminili. Presente anche Emma Bonino.
Il due e il tre febbraio in Gibuti, piccolo stato africano che si affaccia
sul Mar Rosso, si è svolta un’importante conferenza sub-regionale
dal titolo “Verso un consenso politico e religioso
contro le Mgf”, organizzata dall’ong Non
c’è pace senza giustizia e da Aidos
- Associazione italiana donne per lo sviluppo - in collaborazione col governo
del Gibuti e il sostegno finanziario dell’Unicef.
La conferenza prosegue l’importantissimo cammino intrapreso dalla Conferenza
del Cairo del giugno del 2003 e dal Protocollo di Maputo (Monzambico, 8 luglio
2003).
Al Cairo l’Imam della prestigiosa moschea di Al-Ahzar e il patriarca della
Chiesa copta avevano escluso qualsiasi legame tra la religione e le mutilazione
dei genitali femminili (concetto recentemente ribadito da un autorevole studioso
islamico, Salim Al Awaa, in un opuscoletto diffuso dal più diffuso quotidiano
egiziano, Al Ahram).
Il Protocollo di Maputo è una sorta di carta
dei diritti delle donne africane, adottato dall’Unione africana
un mese dopo la conferenza del Cairo. Uno degli articoli più importanti
di questo documento è il 5, quello che condanna come violazione dei diritti
umani tutte quelle pratiche lesive della salute psichica e fisica della donna,
con particolare riferimento alle mutilazioni genitali femminili. Perché
questo protocollo entri in vigore è necessario che sia ratificato da
almeno 15 Stati. Attualmente l’hanno ratificato la Libia, il Sud Africa,
le Isole Comore, il Ruanda, la Namibia e il Lesoto, il Senegal, la Nigeria e
adesso anche il Gibuti.
Oltre a questa nuova adesione, la Conferenza è stata molto importante
perché per la prima volta hanno partecipato ai
lavori le massime autorità religiose islamiche della regione oltre
ad un gran numero di iman di Gibuti, rappresentanti governativi - tra i quali
la ministra per le Donne del nuovo governo somalo, Fowzia Mohamed Cheik - parlamentari
ed esponenti della società civile di 11 paesi africani. Paesi dove la
percentuale di donne sessualmente mutilate è ancora altissima. In
Gibuti il 98% delle donne è sottoposte a Fgm, in Somalia il 98%, in Etiopia
l’ 80%, in Kenya tra il 43 e l'89% a seconda se si tratti di aree
urbane o rurali, in Eritrea il 44%, in Egitto l'ultimo dato ufficiale parlava
di un 83% di donne mutilate, dato però che sembra essersi ridotto drasticamente
grazie a grandi campagne informative appoggiate dal clero. Poi ancora Senegal
20%, Somaliland 98%, Sudan 89%, Mali 94% e Yemen 22,6%.
Svoltasi in una regione dove le Mgf hanno un’incidenza pressoché
totale, la Conferenza aveva l'obiettivo di arrivare ad una posizione di netto
rifiuto comune, obiettivo raggiunto con molte difficoltà e colpi di scena.
I lavori sono stati aperti dalla first lady del Gibuti, Kadra Mahamoud Haid,
presidente dell’Unione Nazionale delle Donne del paese, e da Emma
Bonino, deputata europea radicale e fondatrice di Non
c'è Pace Senza Giustizia, ma sono stati caratterizzati dalle posizioni
retrograde e intransigenti che molti Imam dell’area argomentavano davanti
a una platea allibita. La bozza del documento finale conteneva persino un articolo
che voleva permettere “legittima l’escissione parziale del clitoride
a condizione che ad eseguirla siano specialisti e chirurghi”. Ma al grido
di rejete (respinto), scandito con forza da alcune
centinaia di donne presenti durante la seduta conclusiva, è stato cancellato
l’articolo proposto dai religiosi. Subito dopo i rappresentanti del governo
del Gibuti annunciavano la ratifica del protocollo di Maputo.
“D'ora in poi – dichiara la Bonino – il Gibuti sarà
il simbolo della forza di questa battaglia, l'occasione in cui ha cominciato
a sgretolarsi l'alibi religioso con cui si pretendeva
di giustificare questa spaventosa violenza contro le donne. A quelli
che tenteranno di rilanciare il concetto di rispetto della tradizione risponderemo
con l'arma dell'illegalità di tali posizioni, poiché ci sono trattati
internazionali”. Il Comitato diritti umani dell'Onu ha più volte
affrontato il tema nelle sue risoluzioni: l'obiettivo di abolire le Fgm è
stato incluso nel Programma d'azione della Conferenza del Cairo su popolazione
e sviluppo (1994) e nel Piano d'azione della Conferenza di Pechino sulle donne
(1995).
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8 febbraio 2004
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