La filologia applicata alla costituzione iraniana |
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I diritti politici delle donne passano anche attraverso la traduzione di una singola parola: "rejal"
La Costituzione iraniana prevede che il presidente della repubblica islamica,
nata con la rivoluzione khomeinista, debba essere scelto “tra
i rejal politici e religiosi del Paese” (art.
115).
L'ambiguità della parola araba “rejal”
sta nel fatto che si può tradurre letteralmente come “uomini”,
ma anche più in generale come “persone”,
“personalità”. Solo in base a questa seconda accezione,
che includerebbe entrambi i sessi, una donna potrebbe essere eletta presidente.
L'interpretazione più vicina al principio della gender
equality è accettata soltanto da una minoranza di religiosi, sebbene
lo stesso Corano usi la parola “rejal” indifferentemente per l'uomo
e per la donna. L’ultima parola spetterà all’Accademia della
Lingua persiana, che comunque non sembra intenzionata a sovvertire una consuetudine,
l'esclusione appunto delle donne dalle candidature alla presidenza, in voga
fin dal 1979.
E dire che la grammatica del Farsi (o Persiano), lingua ufficiale dell'Iran
con una storia di 2500 anni, non distingue fra i due generi.
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sezione "Donne e Islam"
Edoardo Zaffuto
26 ottobre 2004
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