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Arcidonna News La sentenza di Catania: ecco le conseguenze della legge-mostro
La sentenza di Catania: ecco le conseguenze della legge-mostro Stampa E-mail
Una coppia di portatori sani di talassemia costretta all'impianto di un embione potenzialmente malato

Esecrata dall'ordine dei ginecologi, dal mondo scientifico, dalle associazioni per i diritti delle donne, dall'opposizione in Parlamento, definita "medievale" dalla stampa internazionale (New York Times), criticata dalla stessa maggioranza che l'ha votata e resa esecutiva, ecco che la legge 40 sulla fecondazione assistita dà i suoi primi e amarissimi frutti. A Catania è stata infatti emessa una sentenza che, in linea con i dettami della legge, ha impedito a una coppia di portatori sani di talassemia di effettuare un esame del DNA prima dell’impianto dell’ovulo fecondato. Laura, pugliese, si è trovata costretta ad acconsentire all'impianto di un embrione potenzialmente malato di talassemia. Secondo il giudice del tribunale di Catania, mero esecutore di una legge palesemente iniqua, “gli ovuli fecondati vanno impiantati anche se c’è il rischio che possano essere portatori di malattie genetiche”.
In tali condizioni di tensione e angoscia, la gestazione non poteva che andar male. Si è interrotta pochissimi giorni dopo, con un aborto spontaneo, che si è sommato ai tre che la donna aveva già subito, con le immaginabili conseguenze che comporta un trauma del genere.

"Volevo un figlio sano"

Le vittime dirette della legge 40 sono le donne, che assistono al progressivo esproprio burocratico del loro corpo, attaccate nel loro sacrosanto diritto a una maternità sana. D'altro canto, non è forse legittimo per un aspirante genitore desiderare che il proprio figlio non soffra, specie di quelle malattie che ben si conoscono perché esperite sulla propria pelle e sulla propria vita? Non ci vuole niente di più che il buon senso per riconoscere l'iniquità e l'assurdità di questa legge, che Laura definisce "atroce", "fatta daparlamentari senza cuore", "da persone che non sanno di che stanno parlando". Già, solo lei lo può sapere veramente, al termine di un calvario che non trova nessuna giustificazione, ma solo l'inesorabilità della legge e delle sentenze.
"Avevo cominciato la terapia prima che la legge entrasse in vigore. È stata una corsa contro il tempo, ma ci ha spiazzato la fretta con cui è stata approvata... Dopo la sentenza sono stata malissimo. Oltre al danno della natura, ho subito la beffa di una normativa che mi ha fatto perdere due volte: l'embrione che avevo in grembo e la battaglia davanti a un giudice che ha dovuto applicare una legge che va cambiata".

Le reazioni del mondo politico

La vicenda di Catania non poteva lasciare indifferenti i parlamentari che avevano a suo tempo aspramente dibattuto i punti caldi della legge. Neanche i cattolici più intransigenti se la sentono ormai di difenderla, e di affermare che va bene così com'è. Il ministro alle Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo sostiene che per via parlamentare si possano apportare dei correttivi, ma forse dimentica quali e quanti siano i punti critici di una legge, per la quale qualsiasi restyling sarebbe insufficiente. Su questi punti concentra l'attenzione Stefania Melandri, favorevole a un referendum che li abroghi, senza però tornare al "far west" dell'assenza di regole. Più drastica Emma Bonino, che ha già raccolto 70mila firme per il referendum per l'abrogazione della legge in blocco, e ha annunciato l'intenzione di costituire, dopo le elezioni europee, un comitato "unitario e allargato" per il referendum contro la legge, insieme con il centrosinistra. Riportiamo di seguito le sue dichiarazioni:

“Con la sentenza di Catania i nodi della legge sulla fecondazione assistita sono rapidamente venuti al pettine. Anche alla prova dei fatti, questa legge dimostra la sua crudele iniquità. Qui non si tratta di un’interpretazione forzata da parte di un giudice bigotto o integralista, perché il giudice catanese ha semplicemente applicato il dettato della legge 40 che impedisce categoricamente qualsiasi diagnosi pre-impianto, in altre parole anche se l’embrione è malato deve essere impiantato nell’utero della donna. Con questo risultato: impedire ad una coppia portatrice sana di una malattia geneticamente trasmissibile di avere un figlio sano che, a sua volta, potrà procreare senza avere questo timore. Tutto questo accade per via di una legge più ideologica che pragmatica. Il fatto poi che il giudice abbia anche detto no alla richiesta da parte della coppia di poter ricorrere alla Corte Costituzionale la dice lunga sulla difficoltà di percorrere la strada dei ricorsi. Mi sembra che questa non sia una battaglia che si vincerà nei tribunali. Questa sentenza rappresenta ai miei occhi un’ulteriore conferma sulla necessità di rompere ogni indugio e che la tanto vituperata "fuga in avanti" della proposta referendaria radicale rimanga l’unica, vera alternativa per abrogare una legge che si può solo definire barbara. Purtroppo, noto con rammarico che pure i partiti che si erano dichiarati in Parlamento contro la legge stanno effettivamente boicottando il referendum: basterebbe che i loro eletti locali, i consiglieri comunali e provinciali che sono oltre 100.000, raccogliessero le firme di amici e famigliari per avere nel giro di un week-end le 600.000 firme necessarie, firme che a mio avviso devono essere raccolte entro il 30 aprile anche per i quesiti abrogativi parziali”.

Ventidue senatori del Centrosinistra e della Lega hanno inoltre presentato in Senato una mozione che “impegna il governo ad assumere ogni iniziativa, anche di tipo legislativo, per addivenire a soluzioni che evitino il ripetersi di situazioni drammatiche e angosciose ai danni delle coppie che ricorrono o intendono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita”. La mozione è a firma di Vittoria Franco (Ds), Giorgio Tonini (Ds), Luigi Zanda (Margherita), Fulvio Tessitore (Ds), Sergio Zavoli (Ds), Leopoldo Di Girolamo (Ds), Enrico Morando (Ds), Giovanni Crema (Sdi), Maria Rosaria Manieri (Sdi), Lorenzo Forcieri (Ds), Franco Carella (Verdi), Tana De Zulueta (Occhetto-Di Pietro), Rosa Stanisci (Ds), Ornella Piloni (Ds), Chiara Acciarini (Ds), Loredana De Petris (Verdi), Rossana Boldi (Lega), Luciano Modica (Ds), Giovanni Brunale (Ds), Guido Calvi (Ds).


maggio 2004
Edoardo Zaffuto

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