Un articolo di Stefano Rodotà pubblicato su Repubblica riapre il dibattito sulla procreazione assistita: "Negli stessi giorni in cui le donne tornavano in piazza non per 'manifestare', ma per cercar di ricostruire una consapevolezza comune di quanta sia la violenza che si esercita sul corpo femminile, si è avuta la conferma di una serie di effetti negativi della legge 40, riferiti questa volta al calo delle nascite, all´aumento delle gravidanze plurime, ai nuovi itinerari del turismo procreativo".
Vi
sono forme di violenza insistita e continua che si impadroniscono della vita
delle persone, ma sono pure rivelatrici dell´ipocrisia e dell´inadeguatezza
delle istituzioni pubbliche. I fatti ce lo ricordano quasi ogni giorno,
e quelli più recenti sono particolarmente inquietanti e rivelatori. Mi
riferisco ai nuovi dati sulla fuga all´estero delle coppie che cercano
di liberarsi dalle maglie proibizioniste della legge sulla procreazione assistita;
all´inadeguatezza drammatica delle terapie contro il dolore; alle ruspe
che abbattono ciecamente povere baracche in desolate periferie urbane. Sono
tutte manifestazioni di una violenza pubblica che genera tensioni, conflitti,
sfiducia, e dalla quale non è possibile distogliere lo sguardo o, peggio,
allontanarsi progressivamente con una sorta di rassegnata accettazione.
Negli stessi giorni in cui le donne tornavano in piazza non
per "manifestare", ma per cercar di ricostruire una consapevolezza
comune di quanta sia la violenza che si esercita sul corpo femminile, si è
avuta la conferma di una serie di effetti negativi della legge 40, riferiti
questa volta al calo delle nascite, all´aumento delle gravidanze plurime,
ai nuovi itinerari del "turismo procreativo". Tutte vicende
che rientrano proprio in quella categoria della violenza che il 24 novembre
si è voluto ricordare, figlia dell´espropriazione del potere femminile
di autodeterminarsi, della rinnovata considerazione del corpo della donna come
"luogo pubblico" sul quale i legislatori possono impunemente intervenire.
E, come sempre accade in questi casi, emergono contraddizioni, ipocrisie. Dagli
stessi luoghi politici ed istituzionali nei quali si esprimeva preoccupazione
per la caduta della natalità sono venute regole che hanno avuto come
effetto la riduzione dei tentativi di gravidanza con esito positivo (dal 24.8%
al 21.2%) ed una diminuzione delle nascite stimata nel 3.6% dal giorno dell´entrata
in vigore della legge 40, che dunque sarebbe bene cominciare a definire come
quella della "non procreazione" assistita.
I convinti avversari dell´aborto hanno innescato un meccanismo
pericoloso che, a causa soprattutto dell´obbligo di impiantare tutti gli
embrioni prodotti, ha fatto crescere le gravidanze trigemine (2.7% contro una
media dell´1.1% nel restante mondo occidentale) e quindi le interruzioni
parziali di gravidanza, aumentate del 100%. Quelli che hanno tuonato
contro un enfatizzato far west procreativo sono i responsabili del vero far
west nel quale sono state spinte nel solo 2007 già seimila coppie, obbligate
ad aggirarsi per l´Europa alla ricerca di cliniche "low cost"
per aver accesso a quelle tecniche di procreazione assistita proibite in Italia.
Anche questa è violenza domestica, quella contro la quale sono scese
in piazza le donne. Ma questa volta, tra le mura domestiche, l´aggressione
non viene dagli uomini lì presenti. Arriva da un legislatore che incarna
la logica del potere maschile, quella stessa che in alcuni stati americani aveva
fatto nascere i "guardiani della mezzanotte", che entravano
nelle case delle donne sole beneficiarie di un sussidio pubblico e, se le trovavano
a letto con un uomo, cancellavano il sussidio, considerandole automaticamente
"mantenute" da quell´uomo, e non esseri liberi che esercitavano
la loro libertà sessuale. Dall´agenda politica questi temi sono
stati espulsi. Troppo scottanti per una maggioranza divisa, che sta sacrificando
la realtà al realismo politico ed alla presa delle ideologie? Poco redditizi
sul piano del consenso, perché le persone interessate sono poche migliaia?
Le persone in carne ed ossa, dunque, sono cancellate quando non sono parte di
grandi numeri?
Le speranze residue di questo tempo difficile sono affidate alle nuove
direttive che, per la procreazione assistita, dovranno venire dal ministero
della Salute. Ci si deve attendere che scompaiano almeno le forzature
imposte alle linee direttive precedenti, prima tra tutte quella riguardante
il divieto della diagnosi preimpianto, la cui illegittimità è
stata dimostrata in modo chiarissimo da una bella ordinanza del tribunale di
Cagliari. Questa decisione, e quelle altrettanto eloquenti del tribunale di
Roma sul legittimo comportamento dell´anestesista nel caso Welby e della
Cassazione sul diritto all´interruzione dei trattamenti per le persone
in stato vegetativo permanente, indicano la strada dei principi costituzionali
come l´unica legittima quando si vuol fare riferimento ai valori che devono
ispirare l´azione di Parlamento e Governo. Un grande interrogativo è
davanti a noi. La nuova stagione costituzionale consisterà soltanto nella
"manutenzione" dei meccanismi istituzionali o, come dovrebbe, rimetterà
al centro dell´attenzione la dimensione delle libertà e dei diritti,
offuscata in questi anni?
Se questo non avverrà, violenze e ipocrisie continueranno a tenere
il campo. Con toni perentori, a chi parla di dignità del morire si oppone
la necessità di considerare piuttosto le cure palliative, le terapie
antidolore. Ora, a parte il fatto che le due cose non sono affatto
incompatibili, guardiamo di nuovo ad una realtà che ci parla di un´Italia
ultima nell´Unione europea proprio nelle terapie antidolore, come risulta
da un rapporto dell´Organizzazione mondiale della sanità. I calcoli
fatti portano a concludere che ogni anno muoiono novantamila malati di cancro
senza terapie del dolore, e questa cifra sale assai se si considera che il numero
dei sofferenti di patologie diverse dal cancro oscilla tra il 15% e il 20% della
popolazione. "La tragica condizione in cui versa la terapia del dolore
in Italia è paragonabile alla tortura per omissione" – è
stato il commento. La dignità della persona, tanto citata nella chiacchiera
pubblica, è negata nei fatti dall´inadeguatezza delle strutture,
dalla resistenza dei pregiudizi contro l´uso degli oppiacei, dal persistere
di argomentazioni che guardano al dolore quasi che fosse un valore che dà
un senso più profondo all´esistenza. Dolore privato e indifferenza
pubblica? In quale agenda politica riusciremo a cogliere la consapevolezza dell´immoralità
di questa violenza continua, anch´essa domestica, che colpisce alla radice
l´umanità stessa di ciascuno e di tutti?
Se seguiamo il filo dei numeri, dei drammi dell´esistere, della
violenza sociale, incontriamo le persone, milioni ormai, che vivono la condizione
della marginalità, dell´"altro" che accettiamo come produttore
di servizi e allontaniamo come essere umano, che confiniamo lontano da noi,
in condizioni di vita intollerabili che scopriamo quando producono violenza
e per le quali l´unica attenzione istituzionale diventa allora quella
dell´ordine pubblico. Delle ruspe che spianano i rifugi dove
si sopravvive, dove torna un bambino e scopre che con la sua misera abitazione
sono scomparsi anche i suoi libri di scuola. Il caso singolo viene magari risolto
felicemente, e il libro "Cuore" torna tra noi. Ma rimane una condizione
umana, così ben raccontata da Citto Maselli nell´ultimo suo film,
che fin dal titolo, Civico 0, ci parla appunto dell´azzeramento della
cittadinanza in un mondo dove, al di là delle singole storie, l´umanità
è negata in radice, messa ai margini di strade incessantemente percorse
dal fragore del traffico, ridotta a scoria e rifiuto, quasi indistinguibile
dai cassonetti nei quali fruga.
Da qui, da questi diversi aspetti della condizione umana, dovrebbe pure muovere
una politica che si vuole umana, che aspira a produrre una "agenda"
riconoscibile dalle persone, che cerca e trova protagonisti diversi dalle maschere
fisse che compaiono nei salotti televisivi. Non è retorica, populismo,
buonismo. E´ semplicemente la vita. Se la politica la perde, perde se
stessa.
10 gennaio 2006
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