L'equiparazione avverrà nel pubblico impiego. Si farà sulla base di criteri di flessibilità e gradualità. Il ministro Carfagna: "Va bene l'equiparazione dell'età pensionabile di uomini e donne, ma il risparmio di circa 250 milioni annui che ne conseguirà resti all'interno del Welfare e sia destinato ad un fondo dedicato a servizi per la donna".
Due mesi fa la Corte di giustizia europea condannava l’Italia per il suo regime pensionistico, stabilendo, con una sentenza che aveva fatto discutere, che fissare un’età pensionabile diversa per i dipendenti pubblici a seconda che siano uomini o donne è contrario al diritto comunitario. Sulla base di un ricorso presentato dalla Commissione europea, i giudici di Lussemburgo avevano stabilito che “mantenendo in vigore una normativa in forza della quale i dipendenti pubblici hanno diritto a percepire la pensione di vecchiaia a età diverse a seconda che siano uomini o donne, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi di cui all'art. 141 del Trattato”. Cioè il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Roma, che aveva due mesi di tempo per rispondere, ha inviato oggi una lettera a Bruxelles per informarla che l'innalzamento dell'eta' pensionabile delle donne, nel pubblico impiego, oggi fissata a 60 anni contro i 65 dell’uomo, sara' realizzato e avverra' sulla base dei criteri della ''flessibilita' e gradualita'''. Il testo - sempre secondo quanto riferito sui contenuti della lettera - rimanda inoltre alla costituzione di un coordinamento tra i vari ministeri competenti interessati (Pubblica amministrazione, Welfare, Politiche comunitarie, Economia, Esteri e Pari opportunita') che dovra' lavorare per mettere a punto, entro un mese e mezzo al massimo due mesi, la proposta concreta su cui andare avanti. Il tema dell'innalzamento dell'eta' pensionabile dovra' poi essere oggetto anche di un ulteriore approfondimento - viene ancora rilevato - sul fronte finanziario, per le conseguenze che tale provvedimento potrebbe avere sulle casse dello Stato. La lettera che domani arrivera' sul tavolo della Commissione Ue e' firmata dal capo dipartimento delle Politiche comunitarie, Roberto Adam, ed e' stato concordata, attraverso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, con i vari ministri competenti. IL MINISTRO CARFAGNA - Va bene l'equiparazione dell'età pensionabile di uomini e donne, ma il risparmio di circa 250 milioni annui che ne conseguirà resti all'interno del Welfare e sia destinato ad un fondo dedicato a servizi per la donna. Lo chiede il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, in una lettera al 'Corriere della Sera'. "Nei giorni scorsi - scrive Carfagna - si è molto discusso della decisione con cui il 13 novembre scorso la Corte di Giustizia europea ha sancito la violazione da parte dell'Italia del Trattato comunitario in materia di parità di trattamento previdenziale tra uomini e donne. Nel nostro paese, infatti, il regime pensionistico dei dipendenti pubblici stabilisce un'età diversa, fissandola a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne. Si tratta di un vecchio retaggio che affonda le radici in un'Italia socialmente ed economicamente diversa da quella odierna e che aveva come obiettivo quello di garantire una compensazione alle donne per il ruolo che svolgevano in famiglia. La sentenza richiamata sostiene che questa situazione crea una discriminazione a danno degli uomini, costretti a lavorare più delle donne, e chiede all'Italia di adeguarsi. Ciò è sicuramente vero dal punto di vista teorico e da ministro chiamato a garantire pari opportunità a tutti e non solo alle donne non posso che dirmi d'accordo ed apprezzare il lavoro che di concerto stanno portando avanti i ministri della Funzione pubblica, Renato Brunetta, delle politiche comunitarie Andrea Ronchi e del Welfare, Maurizio Sacconi, per adeguare l'Italia alle richieste europee, ovviamente seguendo criteri flessibili e graduali". Il Ministro tuttavia lamenta che "quando ci si trova di fronte ad una discriminazione a danno degli uomini c'è sempre una Corte di Giustizia pronta ad intervenire tempestivamente, mentre quando ci si trova a contrastare discriminazioni a danno delle donne i luoghi per aver ragione sono pochi ed i tempi lunghissimi. Ecco perché mi preme innanzitutto sottolineare che sarebbe auspicabile in futuro procedere con la stessa attenzione nel rimuovere gli ostacoli che ancora limitano la realizzazione della donna nel mondo del lavoro e nelle istituzioni". Carfagna, tuttavia, è d'accordo con l'Europa anche se, avverte, "non ci si può limitare all'equiparazione dell'età pensionabile senza pensare a una politica sociale che vada di pari passo e che tuteli la centralità della donna e della famiglia. Il ministro Brunetta ha parlato di risparmi per 250 milioni annui dal momento in cui sarà realizzata pienamente l'equiparazione. La mia proposta è che questi risparmi restino all'interno del Welfare e siano destinati ad un fondo dedicato a servizi per la donna, che soddisfi due ordini di esigenze". "Il primo - spiega Carfagna - è favorire la conciliazione fra lavoro, maternità e carriera prevedendo misure a favore delle madri lavoratrici che seguano l'esempio di quei Paesi europei, come ad esempio la Francia, dove esistono incentivi per i servizi, dal baby sitting a un part time che concilii meglio gli impegni delle lavoratrici madri, perché sono dell'idea che la maternità non possa costituire un ostacolo all'accesso o alla permanenza delle donne nel mercato del lavoro. Il secondo invece, è quello di prevedere un riconoscimento alle casalinghe sulle cui modalità si può discutere, analizzando le varie proposte che sono da tempo in campo (dallo stipendio per le casalinghe alla pensione per le madri che, per propria rispettabile scelta, decidono di dedicarsi a tempo pieno alla famiglia)".
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