Gela: baby- ribellione contro baby-mafiosi
Complici, silenziose, glaciali. Così erano le
donne della mafia, mamme e mogli di killer ed estorsori.
Sì, è vero, ci sono ancora donne che addirittura suppliscono i
mariti in prigione per gestire il racket, però qualcuno oggi rompe il
silenzio, si ribella, non si rassegna, le cose cambiano. Lentamente. Come quando
alcuni giorni fa la telefonata accorata di Manuela, 20 anni, fidanzata di un
malvivente gelese, ha portato all’arresto di nove mafiosi in erba, tra
cui tre minorenni. Gli indagati erano in realtà quindici, ma per
i minorenni è stata chiesta una misura restrittiva, mentre uno di loro
non è neanche imputabile perché ha meno di quattordici anni. I
nove carusi sarebbero stati accusati di mafia, furti, traffico di droga ed estorsione:
la loro attività principale sembrava essere il furto di motorini e auto,
resi dietro pagamento di un riscatto che oscillava dai 300 ai 1500 euro, a seconda
dei casi. Questa non era la vita che Manuela sognava
per lei e per Mirko, il suo ragazzo, e per questo motivo, per ben due anni,
aveva cercato in tutti i modi di convincerlo a cambiare vita. Ma non c’è
riuscita fin quando non l’ha lasciato scagliandosi al telefono, che era
stato posto sotto controllo a sua insaputa, contro una vita passata a nascondersi
e a vergognarsi, contro le macchine bruciate, le violenze, le rapine, le braccia
tagliate, contro la mafia. Forse qualcuno, come Manuela, comincia a chiedersi
sempre più spesso “ma cosa sono tutte queste cose se non schifezze?”
Il futuro oggi risiede nel coraggio di giovani donne come Emanuela
8 agosto 2004
Elisabetta Affatigato
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