There are no translations available. Due donne musulmane denunciate a Drezzo (CO) e a Treviso per violazione dell'art. 5 di una legge di trent'anni fa sull'ordine pubblico
In Francia è stata dura: per promulgare la
legge contro il burqa ce n’è voluto. Contestazioni, proteste,
discussioni... ce l’hanno fatta alla fine, ma quanta fatica!
Da noi invece è tutta un’altra storia. Noi, non dimentichiamolo,
siamo i padri della giurisprudenza occidentale. Con il diritto romano, quando
la Francia si chiamava Gallia e Asterix andava in giro con l'elmo in testa,
noi portavamo nel mondo la cultura giuridica, e insegnavamo ai barbari come
si fanno le leggi.
Così noi, grazie a millenni di giurisprudenza, non abbiamo avuto bisogno
di affrontare il fastidio di promulgare una legge anti-burqa. Allora niente
discussioni in Parlamento, niente stupide proteste di chi pensa che la gente
possa vestirsi come vuole, niente manifestazioni di chi crede alla libertà
di praticare qualsiasi religione.
La legge anti-burqa la siamo andati a pescare in un
vecchio e polveroso codice di trent’anni fa, si chiama: Legge n. 152 del
1975 “Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico”.
L’articolo 5 di questa legge recita: “È
proibito l’uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a
rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto
al pubblico, senza giustificato motivo”.
Perfetta, pare fatta apposta! E allora c’è chi fra di noi si inalbera,
giustamente: “Come mai in Italia c’è una legge che non viene
rispettata da tutti? Assurdo, facciamola rispettare”.
Poco importa che lo scopo meritorio di questa legge
era quello di evitare che brigatisti rossi e terroristi vari andassero in giro
ad ammazzare la gente con il passamontagna o che squadristi di varia
estrazione, mascherati con fasciacolli anche d’estate, tirassero sprangate
anonime impunemente.
La legge è legge e va rispettata.
Così due madri che in questi giorni accompagnavano i bambini a scuola,
una a Drezzo in provincia di Como e l’altra a Treviso, sono state denunciate
dai vigili urbani per aver violato il fondamentale articolo, mentre magari,
chissà, accanto a loro passavano rombando motociclisti con casco integrale
e visiera schermata per il sole.
Giusto, chi si credono di essere per farsi beffa delle nostre leggi? Magari
credono che religione e tradizioni secolari siano
un “giustificato motivo”? Facciamoci rispettare!
E poi, non dimentichiamo che sono tempi bui, l’ombra del terrorismo ci
sovrasta, ci angoscia e dai televisori ha tracimato ormai nelle nostre case.
E se quelle due donne con figli e cartelle in mano fossero in realtà
terribili kamikaze?
In questi casi prudenza e solerzia non sono mai troppe, e così a
Drezzo il vigile urbano del paese, dopo avere multato due volte la stessa donna,
sembra che ormai passi il tempo a pedinarla per poterla multare anche una terza,
e a Treviso, i vigili urbani in borghese si sono addirittura appostati davanti
la scuola, hanno aspettato che la pericolosa sospetta arrivasse con bimbi appresso,
e l’hanno colta sul fatto. “Uso di mezzo atto a rendere difficoltoso
il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza
giustificato motivo”.
Così si fa, e che sia d’esempio per tutte le altre!
Poveri noi.
24 settembre 2004
Salvio Bonanno
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