There are no translations available. Risulta occupato (nel 2003) il 42,7% di italiane. Nell'Europa a 25, solo a Malta le cose vanno peggio (33,6%). I dati diffusi al convegno del CNEL "Donne, lavoro e welfare nell'Europa allargata".
Con il 42,7%, è l'Italia a detenere il record per
il tasso di occupazione femminile più basso dell'Unione europea. Un primato
mantenuto anche dopo l'allargamento dell?Unione Europea a Est. Fa eccezione
la sola Malta che non supera il 33,6%.
Tra i Paesi dell?Unione a 15, gli unici a mostrare un livello di occupazione
femminile al di sotto del 50%, oltre all?Italia, sono Grecia (43,8%) e Spagna
(46%), contro una media del 56,1%. I dati migliori si riscontrano in Svezia
(71,5%) e Danimarca (70,5%), seguite da Olanda (65,8%), Finlandia (65,7%), Regno
Unito (65,3%), Austria (61,7%), Portogallo (61,4%), Germania (59,1%), Francia
(57,2%), Irlanda (55,8%), Lussemburgo (52%) e Belgio (51,8%). Tra i nuovi Stati
membri, invece, la percentuale più elevata è raggiunta da Cipro (60,4%), seguito
da Estonia (59%), Lituania (58,4%), Lettonia (57,9%), Slovenia (57,6%), Repubblica
Ceca (56,3%), Slovacchia (52,2%) e Ungheria (50,9%), ultima si colloca la Polonia
(46%).
Questi alcuni dei dati elaborati dal Ciss (Centro internazionale di studi sociali)
relativi al 2003, emersi in occasione del convegno ?Donne, lavoro e welfare
nell'Europa allargata?, organizzato ieri al Cnel, in collaborazione con il Cese.
Dal rapporto, l'Italia risulta il paese dove il tasso
occupazionale femminile è cresciuto di più, salendo di oltre cinque punti
percentuali in cinque anni. La nuova occupazione femminile si concentra maggiormente
nel lavoro dipendente e in particolare nel part-time.
Nell'Europa a 15, infatti, un terzo delle donne lavora a tempo parziale (34%,
contro il 6,8% degli uomini). Una formula che vede, ancora una volta, l'Italia
agli ultimi posti della classifica europea con il 17,2% per il part-time femminile.
I settori che assorbono la maggior parte dell'occupazione femminile sono i servizi,
con una copertura, in media, di oltre la metà dei posti, la percentuale italiana
si ferma al 45%. Nei Paesi dell'Est, la presenza delle donne continua a prevalere
nell'industria. Resta, infine, ampio il divario tra la disoccupazione femminile
al 9,2% nella Ue a 15 e quella maschile al 7%. In particolare, il divario si
allarga in Italia (11,3% contro 6,5%), Spagna (15,9% contro 8,2%) e Grecia (15%
contro 6,2%).
?Serve una lettura positiva delle sinergie tra welfare state
e crescita economica, del rapporto virtuoso esistente tra questi due elementi,
nel solco di un orientamento macro-economico che individua nelle donne una risorsa
di importanza fondamentale?. Lo ha affermato la vicepresidente del Cnel, Francesca
Santoro. ?Tale orientamento - ha aggiunto Santoro - è decisivo per la costruzione
di un ambiente favorevole al lavoro femminile e alla sua qualità e presuppone
che le politiche di sviluppo dell'Unione, dei singoli Stati e dei territori
si misurino con questo obiettivo. È necessario che la teoria dei due tempi ?
ha concluso Francesca Santoro ? prima la crescita economica e poi le politiche
di coesione sociale non prevalga, ma ceda il campo ad una strategia unitaria,
lucida e lungimirante, a comportamenti coerenti da parte dell'Unione e di tutti
gli Stati membri?.
Da Dw Press del 12 aprile 2005
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