Sequestrata volontaria italiana in Afghanistan |
There are no translations available. I rapitori chiedono uno scambio di ostaggi Ancora una volta l’Italia rimane con il fiato sospeso in attesa del rilascio
di un proprio concittadino. Stavolta lo sguardo è rivolto all’Afghanistan,
teatro del rapimento di Clementina Cantoni, 32 anni, da tre
operatrice umanitaria a Kabul al servizio dell’organizzazione
non governativa Care International. La Cantoni si stava recando ieri
in macchina intorno alle otto di sera (le tre e mezza del pomeriggio in Italia)
con un paio di amici al ristorante. Qualcuno l’ha seguita sin da quando
ha lasciato l’ufficio: quattro uomini armati hanno bloccato la vettura
della Cantoni, hanno infranto i vetri (l’auto era chiusa dall’interno)
con i kalashnikov, e hanno letteralmente tirato via a forza la volontaria italiana.
I suoi amici non sono stati neanche sfiorati. La possibilità che dietro
al sequestro ci fosse Al Qaeda è sembrata subito remota, per quanto non
esclusa del tutto. Oggi il sequestro è stato rivendicato da un gruppo
criminale di seguaci di Tela Mohammed: «Il gruppo ci ha proposto lo scambio
di Clementina Cantoni con i suoi capi Tela Mohammed e Omara Khan e altri loro
complici arrestati», ha affermato Abdul Jamil, direttore dell'ufficio
di inchiesta criminale della polizia di Kabul. Clementina Cantoni si
era dedicata sin dall’inizio al sostegno delle donne afghane, e in particolar
modo delle vedove: private del marito a causa della guerra che si combatte ormai
da ventitré anni, le vedove sono costrette a vivere senza appoggi economici
(e neanche morali), senza un’istruzione che consenta loro di lavorare
e spesso con figli a carico. La Cantoni era, al momento del suo sequestro, a
capo di due importanti programmi di sostegno alimentare e formativo.
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