There are no translations available. L'italiana che ha vinto le elezioni indiane è stata costretta a mettersi da parte
Non sono passati che pochi giorni dalla vittoria del suo partito, e il sogno
di un’India guidata da una donna a favore dei
“senza casta” si è già dileguato. Sonia Gandhi
ha infatti deciso di rinunciare all'incarico di formare,
in qualità di primo ministro, il nuovo governo indiano.
Nessuno nel paese voleva “la straniera” come premier: non gli avversari
politici, gli ultrareligiosi del Bharatiya Janata Party, che mal sopportavano
l’idea di un’italiana ai vertici dello stato; non gli investitori
che, terrorizzati dalla prospettiva (peraltro infondata) del blocco assoluto
delle privatizzazioni, o forse con l'intento di specularvi su, hanno determinato
il più pesante crollo della borsa indiana da 130 anni a questa parte;
non i due partiti comunisti, che hanno dichiarato di non voler prendere parte
direttamente all’esecutivo, optando per un cauto quanto ambiguo appoggio
esterno.
Nessuno la voleva, tranne gli ottocento milioni di poveri
che costituiscono la parte più consistente della nazione indiana;
quelli che non si erano mai potuti accorgere sulla propria pelle di vivere in
un paese in rapido sviluppo e che speravano finalmente in un cambiamento radicale
delle proprie condizioni di vita; quelli che l’avevano votata, l’avevano
fatta eleggere, avevano assistito impotenti al fuoco incrociato di chi la voleva
distruggere, che avevano sperato fino all’ultimo in un suo ripensamento.
Per loro, soprattutto, il miraggio sembra essere svanito.
Con il rifiuto di Sonia Gandhi, probabilmente (e comprensibilmente) dettato
anche da timori per la propria incolumità fisica, sembra sia tramontata
prima di nascere la possibilità di una politica radicalmente nuova in
India, una politica più attenta ai bisogni della gente che ai dettami
del mercato. Forse questa donna avrebbe cambiato veramente le cose. Ma il premier
indiano sarà un uomo.
Edoardo Zaffuto
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