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Arcidonna News Francia: cacciate via per il velo
Francia: cacciate via per il velo Stampa E-mail
Per molte alunne velate, la scuola finisce definitivamente

Alcune studiano a casa con professori privati, altre ricevono un insegnamento a distanza, molte fanno fatica a studiare da sole. Di fronte alla mancanza di statistiche, le associazioni si chiedono come potrà essere valutata l’applicazione del testo di legge sulla laicità.

Chérifé non va più a scuola da 5 mesi. Questa ragazza di 13 anni, di origine turca, a settembre si è presentata all’entrata della sua scuola media a Bron (Rhône) col capo coperto dal velo. Doveva cominciare l’ultimo anno (NdT: in Francia la scuola media dura quattro anni). Le è stato vietato l’ingresso. “Non volevano che entrassi a scuola col velo” racconta. “Ho provato più volte. Alla fine mi sono detta che era meglio andare via”.
In seguito la ragazza ha chiesto di poter beneficiare dei corsi del Centre national d’enseignement à distance (CNED), ma l’ispezione accademica ha rifiutato, dicendo che l’iscrizione a questi corsi è riservata agli alunni malati, handicappati o residenti all’estero. Chérifé non vuole togliere il suo velo: “È la mia religione che mi obbliga”, insiste.
La direttrice della scuola non considera che la ragazza sia stata “esclusa”. “Si deve riunire il consiglio di disciplina per poter decidere l’esclusione”, afferma. “Se n’è andata di sua volontà. Il regolamento della scuola vieta tutti i copricapo. Ha fatto una scelta di vita. Se adesso non viene iscritta al CNED non è un mio problema…”
Il padre della ragazza si chiede: “Perché la direttrice non mi ha fatto avere una comunicazione scritta, per dirmi che non ammetteva mia figlia? Per ora non ho nessuna soluzione. Sta a quelli che l’hanno esclusa trovarne una”.
Dal canto suo l’ispezione accademica si rifiuta di dire che l’alunna “non è stata ammessa”: “È stata ammessa, ma rifiuta il regolamento interno” precisano. Per l’amministrazione Chérifé è “scolarizzata in famiglia”. Dunque la ragazza rimane a casa. Legge libri. La madre si esprime con difficoltà in francese; alcuni professori volontari, militanti in un’associazione musulmana, vengono ad aiutarla. “Hanno chiuso le porte del mio futuro” dice Chérifé. Quest’anno sembra che altre sei alunne velate non siano state ammesse alla scuola media di Bron.

Saïda Kada, coautrice, insieme all’antropologa Dounia Bouzar, del libro L’une voilée, l’autre pas (Una col velo, l’altra senza), uscito nel 2003, è anche responsabile dell’associazione Femmes françaises musulmanes et engagées (Donne francesi musulmane e impegnate) che aiuta le ragazze velate che non vanno più a scuola, denuncia “una vera e propria omertà” sull’argomento. “La nuova legge prevede una valutazione dopo un anno. Ma come farà l’educazione nazionale? Non ci sono statistiche. Semplicemente perché nella maggior parte dei casi le ragazze sono escluse per motivi che non sono il velo. Vengono spinte a lasciare la scuola”.
Ufficialmente le cifre , per quest’anno scolastico, parlano solo di cinque esclusioni dovute al velo, se si tiene conto del compromesso che è stato appena raggiunto per una ragazza esclusa dalla scuola media di Thann (Haut-Rhin) nel novembre 2003. Monique Crinon del collettivo Une école pour tous (Una scuola per tutti), militante contro la legge sul velo, osserva che è molto difficile ottenere dei dati affidabili: “È un buco nero. E dopo i 16 anni è ancora più difficile, visto che le ragazze non sono più legalmente obbligate ad andare a scuola”. Saïda Kada afferma che conosce, nella zona di Lione, almeno tre casi di ragazze di meno di 16 anni di cui non né la scuola né il CNED si occupano più. “Sono quindi anni che si esclude nell’indifferenza!” si indegna. “La maggior parte delle esclusioni avvengono senza contrasti. Viene detto alle ragazze: voi non restate. I genitori si accontentano di una decisione orale. Pochissimi si prendono la briga di fare ricorso”.

Quante ragazze velate si iscrivono al CNED? “Non c’è modo di saperlo”, rispondono da questa istituzione pubblica d’insegnamento. Un alunno di meno di 16 anni deve, per potersi iscrivere, chiedere un’autorizzazione amministrativa all’ispezione dell’accademia da cui dipende. È con questo documento, in cui le sue motivazioni non sono dettagliate, che si presenta al CNED. Quest’ultimo conta oggi 12000 iscritti a livello di scuola elementare, 35000 a livello di scuola media e 60000 a livello di liceo. “Si tratta di figli di emigrati, ma anche di sportivi e artisti di alto livello, gente di viaggio e bambini malati”, indica il CNED.
Anche se l’obbligo di frequentare la scuola è fino a 16 anni, il CNED è a pagamento: i corsi per la scuola media costano 111 euro all’anno, mentre quelli per il liceo 229 euro. Il CNED e lo Stato stanno pensando di rendere gratuito questo insegnamento per tutti quei bambini che, per svariati motivi, non possono più andare a scuola.

Alma e Lila Lévy-Omari, le due ragazze del liceo d’Aubervilliers (Seine Saint-Denis) escluse nell’ottobre 2003, hanno avuto fortuna: il padre ha ottenuto dall’ispezione accademica un professore remunerato che fa un’ora di tutorato alla settimana alle due sorelle, iscritte al CNED.
Molte delle alunne che seguono dei corsi per corrispondenza smettono prima della fine: secondo Saïda Kada il 70% di loro smette dopo due anni. “Molte ragazze smettono quando compiono 16 anni” dice Samira. Questa ragazza di 23 anni ha cominciato a portare il velo a 15 anni. Il suo primo anno al liceo di Décines (Rhône) non è stato una passeggiata: la preside non accettava la sua bandana. Samira ha vissuto molto male il suo periodo scolastico. L’anno successivo ha rinunciato due settimane prima dell’inizio della scuola. “Ho fatto gli ultimi due anni al CNED. La prima volta non ho preso il bac (maturità). È molto difficile quando sei sola. Avevo la fortuna di avere i miei genitori che mi sostenevano. Sono stata aiutata anche da un’associazione musulmana. Su cinque ragazze all’ultimo anno sono stata l’unica a prendere la maturità. Le altre si sono sposate a 20 anni”.
Samira frequenta oggi un master di ricerca in lingua e letteratura araba. Sa che non troverà lavoro nell’educazione nazionale. Molte ragazze velate vogliono proseguire gli studi e lavorare dopo la maturità. Non per questo il loro futuro professionale è garantito.

Articolo comparso nell’edizione de Le Monde del 11/02/04
firmato da Virginie Malingre e Xavier Ternisien


 
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